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Monterosso: alla prossima alluvione tutti in bicicletta ?

La seconda alluvione a Genova in soli tre anni, il Bisagno che esce dagli argini negli stessi punti in cui è uscito dagli anni settanta ad oggi. E poi il Ferregiano, lo Sturla e molti altri torrenti che con le loro foci soffocate dal cemento hanno di nuovo invaso la città.

In questi ultimi tre anni cosa è stato fatto per la messa in sicurezza? Colpa dei ricorsi amministrativi si dirà. Ma pare che alla natura interessi poco del Tar e dei tempi delle pubbliche amministrazioni e purtroppo lo ha dimostrato. Il giorno dopo l'alluvione di Genova, l'Allerta 2 è stata estesa a quasi tutta la Liguria per circa quattro giorni. Per le strade di Monterosso, che tre anni fa fu sommerso dal fango, come già lo fu nell'Ottobre del 1966, è iniziato a calare un irreale silenzio. Molti ristoranti chiusi, tutti i tavolini che d'estate popolano piazzette e carugi fatti sgomberare, domina la tensione. La gente con con la mente fissa sulle previsioni meteo. Addetti della protezione civile che riempiono il paese di sacchetti di sabbia. Arrivano forti scrosci d'acqua e i polsi un po' tremano, si pensa alla propria famiglia, al proprio locale, alla cantina, all'automobile, ma soprattutto si pensa a quanto si gonfiano i torrenti e a come defluiscono le acque. Nelle scorse settimane un articolo del Secolo XIX ha ricordato alla popolazione di Monterosso che la magistratura sta indagando sulla cattiva esecuzione dei lavori di messa in sicurezza nel post-alluvione del 2011. E questo non incoraggia. Durante i due violenti acquazzoni che si sono abbattuti su Monterosso,ci si è accorti di quanto si è fragili di fronte a questi eventi naturali. Sarebbe bastata una mezzora in più di pioggia e chissà. E allora appena la pioggia è calata in molti sono accorsi a guardare i torrenti e i tombini e le caditoie e le griglie. Qualche locale allagato, molte caditoie tappate (qualcuna senza tubo di scarico). Ma alla fine è tornato il sereno e la paura è passata. Qualche dubbio però rimane: i lavori nel post alluvione sono stati davvero mal eseguiti? Chi controllerà? Ci sono fondi per la messa in sicurezza? Tutto tace. Oggi però sul Secolo XIX appare un altro articolo: la Regione Liguria assegna tre milioni di euro per la realizzazione della pista ciclopedonale tra Levanto e Monterosso. Qualcuno si arrabbia, qualcun'altro sorride, qualcun'altro minaccia di trasferirsi e lasciare per sempre il suo paese. Dopo quattro giorni di Allerta meteo ad altissima tensione, dove tutti avevamo la paura di rivivere il 25 ottobre 2011 con la sua ondata di fango, distruzione e morte, leggere che ci sia la volontà di utilizzare tre milioni di euro per una pista ciclopedonale invece che per la messa in sicurezza del territorio fa male. E' come un colpo basso. Non si parla della Via dell'amore chiusa da due anni per frana, non si parla dei famosi sentieri battuti da turisti di tutto il mondo sempre più abbandonati al loro destino, non si parla nemmeno dei famosi muretti a secco che per secoli sono stati la vera struttura drenante di un territorio fragile ma che l'uomo delle 5 terre ha saputo con la sua arte conservare ed evitare che rovinasse franoso a mare. Non interessano le valli o i torrenti, la sicurezza di famiglie, case e attività commerciali, dei turisti. No! si pensa ad una galleria ciclopedonale. Va costruita e va costruita in fretta e per esse certi di costruirla meglio farci passare il tubo che convoglierà la fognatura di Monterosso nel depuratore di Levanto. Non importa se forse costerà di più che fare un depuratore a Monterosso, non importa se occorrerà pompare in salita i liquami; l'importante è che i turisti possano circolare in bici tra un paese e l'altro. Ma alla sicurezza di questi turisti chi ci pensa? E alla nostra? In un paese come l'Italia costretto a vivere ogni giorno emergenze come terremoti ed alluvioni, in una zona come la Liguria dove purtroppo le alluvioni sono sempre più distruttive, vedere che due Sindaci candidamente pensano ad una pista ciclopedonale, ci fa capire che questa è l'Italia che non vogliamo. Pensiamo che sia arrivato davvero il momento di essere normali, di pensare che la sicurezza di un paese, di una città e dei loro abitanti vengano prima di tutto. Prima del turismo, prima delle fognature, prima di ogni altra cosa. Senza sicurezza non c'e' futuro. Pensiamo che sia giunto il momento di dare la priorità ad un territorio, che non è fragile di per sè, ma che è ormai debolissimo e crolla sotto i colpi di interventi sbagliati, di continue colate di cemento, ma anche e soprattutto di incuria. Quando si parla di messa in sicurezza tutti sono d'accordo, ma alla fine solo una frase regna su tutte: mancano i fondi. Salvo poi trovarli per una galleria ciclopedonale.
Nicola Busco, Direttivo regionale, Italia dei valori SP

 

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