"Decisamente meglio - prosegue - rispetto a quanti (e sono davvero ancora troppi) preferiscono restare ai margini della legalità, se non addirittura optare per soluzioni illegali. Purtroppo, risulta evidente a tutti quanto sia difficile comprendersi in una babele di lingue ed idiomi diversi da parte dei nuovi negozianti. Ciò che più meraviglia è il fatto che la licenza sia rilasciata così, con estrema faciloneria ed insensibilità, senza una effettiva valutazione della capacità di intrattenere rapporti linguistici con la cittadinanza italiana. E' difficile riuscire a comprendersi quando si tratta di cibo etichettato in lingue sconosciute, figuriamoci cercare di spiegarsi a gesti se si vuole un certo tipo di acconciatura. Ciò non solo è contrario alla famosa "integrazione" tra civiltà ma va a discapito anche della qualità del servizio e, in fin dei conti, crea una sostanziale differenziazione in termini razzisti. Con una vocazione turistica in previsione La Spezia non può continuare così. Chiediamo, quindi, alle associazioni di categoria ed agli enti locali di fare in modo che questa benedetta integrazione prenda finalmente l'avvio, consentendo a quanti vogliono intraprendere in provincia di conoscere la lingua italiana per una migliore interazione con la popolazione autoctona".