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Francesco Fassina racconta il suo percorso per uscire dalla droga e lancia il messaggio: "Non dipendere, vivi" In evidenza

di Luca Vaccaro - Ad ascoltarlo 1100 studenti delle superiori.

1100 studenti delle scuole superiori spezzine si sono ritrovati al Palazzetto dello Sport ad ascoltare l’esperienza di Francesco Fassina, che è stato utente della Fondazione Villa Maraini di Roma dopo aver seguito un percorso di cura dalla dipendenza da droghe.

L’evento è stato organizzato dalla Croce Rossa della Spezia, a sostegno del progetto “Non dipendere. #Vivi”, patrocinato dalla Fondazione Carispezia e coadiuvato dal Comune della Spezia, il quale ha messo a disposizione la struttura del Palasport “G.Mariotti”, con l’obiettivo di sensibilizzare ed avvicinare i giovani alla delicata tematica di prevenzione di ogni forma di dipendenza.

Fassina, affiancato dalla Psicoterapeuta Claudia Agostino, ha raccontato la sua esperienza, a tratti commovente, che l’ha portato ad uscire dal tunnel delle droghe, partendo proprio da come abbia avuto il coraggio di entrare nella fondazione Villa Maraini: “Mio cognato e sua sorella mi hanno imposto di farmi aiutare, sono arrivato a Villa Maraini, che mi permetteva di lavorare senza essere rinchiuso al suo interno. Ma l’ho fatto per evitare di finire in mezzo alla strada, non per altro, perché non mi reputavo nè tossicodipendente nè malato.”

Un approccio al mondo delle droghe davvero troppo precoce: ”Ho iniziato a 12 anni con amici, in comitiva, ed era un modo per uscire dalla realtà. Intorno ai 18 non uscivo di casa se non avevo spinelli e sigarette, lì ho capito per la prima volta il problema, seppur da quel momento alla prima richiesta di aiuto siano trascorsi ben 14 anni”.

“Quando arrivi in comunità inizi un percorso venendo affiancato da un ragazzo che è verso la fine del programma, una persona che era diventato un amico in maniera malsana, poiché parlavo, mi confidavo solo con lui, rifiutandomi di interloquire con i chiunque altro”.

Il momento più difficile: ”C’è una parte del percorso in cui anche i genitori iniziano a far parte della comunità, quando mi è stato comunicato ciò sono letteralmente impazzito, ho iniziato ad urlare, minacciando di andarmene se fossero venuti loro. Lì ho affrontato una prima prova su cosa voglia dire stare in comunità”.

I momenti invece più belli: “Parecchi, vengono date responsabilità sempre maggiori andando avanti, mi sono state riconosciute tante caratteristiche positive e ciò è stato una bella cosa”.

La decisione di venire alla Spezia a raccontare davanti a 1100 ragazzi la sua testimonianza: “Prima esperienza che faccio, ma trovarmi davanti a 1100 adolescenti a raccontare la mia esperienza non è per niente semplice. Ho imparato a vivere, commuovermi, senza uso di sostanze, questa la cosa più bella".

"Quando mi è stato chiesto di venire ho accettato subito. - prosegue Fassina, riuscito ora a riprendersi la sua vita in mano - Ho finito il percorso di comunità, ho intrapreso un percorso di studi, ero il primo a non credere in me, invece in comunità mi è stata data questa possibilità. Se riesco anche solo a far venire il dubbio ad un ragazzo, o a qualcuno di fianco a lui, in modo da riuscire a fargli trovare la forza di aiutarlo, per me è una vittoria”.

 

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