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Federici: "Serve una politica nazionale di rilancio delle discipline accademiche navali e nautiche. Dalla Spezia parta il richiamo ad un'assunzione di responsabilità" In evidenza

È giusta l'attenzione che da più parti si sta dedicando alle critiche prospettive dei corsi di laurea di Ingegneria Navale a Genova e Ingegneria Nautica alla Spezia. Ma è altrettanto importante inquadrare nel modo giusto la questione.

Il problema non è ordinario e richiede una risposta non ordinaria. Per questa ragione penso che oggi ciò di cui c'è urgente bisogno è una politica di rilancio delle discipline accademiche navali e nautiche a livello nazionale. La situazione di Ingegneria Navale è pessima a Trieste, a Napoli e, come sappiamo, non ride di certo neppure Genova dove se le cose vanno un po' meglio è proprio grazie ai corsi di Nautica del nostro Polo Marconi.

 


Come può un paese come il nostro, con la sua storia navale, con il suo ancora importante ruolo nella cantieristica e nella nautica a livello mondiale rinunciare ad investire nella formazione e nella ricerca universitaria riguardanti il navale e la nautica? Come si può, attraverso anche una cieca politica di riduzione del turn-over dei docenti universitari, mettere in forse una presenza che dovrebbe invece essere considerata strategica nella politica industriale di un paese?
Credo che siano queste le domande da porsi anche per approcciare in modo giusto i problemi di prospettiva del nostro Polo Marconi.


Mondo accademico, industria di settore, politica, a partire dai Ministeri più coinvolti (Miur, Difesa, Trasporti, Economia) devono insieme impegnarsi a ricercare e dare una soluzione.
E proprio dalla Spezia deve partire la chiamata a questa assunzione di responsabilità. Perché a Spezia c'è la scommessa in corso del progetto Falcomatà, ci sono la Marina, Fincantieri, la grande nautica, c'è un territorio che è nel suo insieme un polo tecnologico navale e marino straordinario.


L'obiettivo che dobbiamo darci è dunque la costruzione di un appuntamento che abbia questo respiro entro l'anno accademico in corso. Un'iniziativa da realizzarsi con il concorso e il protagonismo dell'Università di Genova e del Dipartimento di Ingegneria Navale. Non solo, anche Genova, la città di Genova, e la Regione Liguria devono essere della partita.
La Regione è chiamata ad un'assunzione di responsabilità. Perché non va mai dimenticato che nautica e cantieristica sono una economia portante nella nostra regione con forti ricadute in termini di occupazione e di PIL.


Detto questo, è vero: l'Ateneo genovese deve dimostrare con maggior coerenza di far proprie queste prospettive. Lo deve fare anche a partire da scelte più contingenti come quelle relative all'assegnazione di un numero congruo di ricercatori a tempo determinato a Ingegneria Navale. Faccio senz'altro mie pertanto lo spirito delle istanze in proposito espresse dal Distretto Ligure delle Tecnologie Marine e dalla Fondazione Carispezia, tant'è che su quel punto è in corso, e lo è stata da subito, una costante interlocuzione del Comune della Spezia con l'Università.


L'Università di Genova ha dato intanto conferma della sua entrata nella compagine di Promostudi e dell'attivazione, presso il Polo, di un suo Centro Servizi. Ora però, il Consiglio di Amministrazione dell'Ateneo, anche se presumibilmente sottoposto da ogni parte a mille richieste per l'assegnazione dei pochi ricercatori in gioco, dia un segnale che faccia capire in modo inequivocabile che un'Università che opera in un territorio come quello ligure non può non vedere futuro strategico nel navale, nella nautica, nel mare.

 

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