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"Partorite dal Padre. Donne eccezionali del ‘900": l'autrice ci spiega come non perdere il sorriso In evidenza

di Dayla Villani- Intervista all'autrice del libro Maria Luisa Eguez.


L’autrice ci racconta una storia di gioia e speranza nonostante un clima di guerra, povertà e ingiustizia sociale. E un messaggio per il futuro: “non perdete il sorriso”.
Quattro donne eccezionali che non hanno perduto la speranza né il sorriso, nonostante le difficoltà. Il libro “Partorite dal Padre. Storie di donne eccezionali del Novecento” - edito da Paoline Editoriale Libri, 2018 - pone uno sguardo particolare sull’universo femminile non ancora abbastanza esplorato. L’autrice Maria Luisa Eguez, docente e scrittrice ha già pubblicato diversi scritti sulle donne: nel 2013, per le edizioni Paoline, “Santità al femminile, Donne determinate e forti, 21 ritratti biografici”; nel 2014, sulla tema della violenza con “Col fiato sul collo”, “Quando l’amore diventa persecuzione”. Per il Messaggero di Padova ha invece scritto una trilogia sui personaggi femminili nella Bibbia: Le donne di Gesù, Figure Femminili del Nuovo Testamento (2013); I due volti di Eva, Divinizzazione e demonizzazione della donna nella Bibbia (2016);Figlie di Abramo, Figure Femminili del Primo Testamento (2017).

Donne eccezionali del ‘900. Di chi stiamo parlando? E cosa le rende così eccezionali?
Le quattro protagoniste principali (ma non sono le sole, perché all’interno del libro c’è una piccola sorpresa che non rivelerò) sono Gabrielle Bossis, Madeleine Delbrêl, Etty Hillesum e Simone Weil.
Gabrielle Bossis era un’attrice teatrale francese che portava sui palchi di quattro continenti le sceneggiature scritte da lei; Madeleine Delbrêl faceva l’assistente sociale e lottava a fianco della classe operaia nei sobborghi di Parigi; oltre a scrivere poesie, spesso fumando seduta al tavolino di un bar. Etty Hillesum era invece un’intellettuale che di giorno lavorava per il Consiglio Ebraico del campo di transito di Westerbork (nei Paesi Bassi) e di notte scriveva il suo celebre diario ormai tradotto nelle principali lingue del mondo. Simone Weil, infine, era una filosofa, scrittrice e giornalista che passava disinvoltamente dai dibattiti alla Sorbona al lavoro di operaia, contadina, marinaia.

Si parla di unione con Dio. E’ questo che accomuna le 4 donne?
Sì. Ma anche – e vorrei dire innanzitutto - con gli esseri umani. L’unione con Dio non è disincarnata. Non è una fuga, un’alienazione da quella che Enzo Bianchi, priore di Bose, definisce “la compagnia degli uomini”. La loro vita, come quella dei santi (o giusti, che dir si voglia) di tutti i tempi e di tutte le religioni, è una continua ricerca (e scoperta) della solidarietà materiale, morale e spirituale con gli altri; e degli immensi tesori di ricchezza che sono contenuti in quel piccolo scrigno misterioso che si chiama essere umano, anche quando quest’ultimo si ritiene e definisce agnostico o ateo, ma vive di valori che sente dentro di sé. Basti ricordare la parabola dell’uomo che aveva due figli (Mt 21, 28-30). Si era rivolto al primo chiedendogli di andare a lavorare nella vigna; questi subito non ne aveva voglia, ma poi vi andò. Il secondo disse che vi sarebbe andato però poi non vi andò. «Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?» chiede Gesù. Ecco: un ateo o agnostico che lavora nella vigna della solidarietà umana compie l’opera che gli viene richiesta dal suo imperativo morale, mentre un credente che si fa i fatti suoi è una persona che si illude su se stessa e dà scandalo agli altri. Gabrielle, Madeleine, Etty e Simone vivono sino in fondo i propri imperativi morali; interloquiscono e agiscono senza confini di religione, tessera di partito, stato sociale.

Come si sta evolvendo la spiritualità oggi? E’ possibile ancora ritrovare questi valori sociali nella propria intimità a prescindere da appartenenze religiose?
In un mondo sempre più artificiale, nevrotico, alienato e alienante in realtà continua ad essere molto vivo un intimo bisogno di spiritualità, che spesso ha difficoltà a identificarsi con ritualità codificate e, qualche volta, come mummificate in se stesse. Questo spiega perché, specialmente nei decenni scorsi, tante persone hanno cercato in Oriente quello che non ritrovavano più in Occidente, oppure hanno aderito a delle sette alla ricerca della propria identità, per fame e sete di bellezza, armonia, libertà.

Quale messaggio vuole comunicare al lettore?
È giusto dire “al lettore” e non “alle lettrici”, perché non è uno schieramento di genere in opposizione a genere. Questa fame e sete di bellezza, armonia, libertà appartiene all’essere umano in generale. Il messaggio centrale del libro è quello della gioia: queste donne che hanno attraversato due guerre mondiali, difficoltà personali e famigliari (come tutti, del resto, perché non esiste persona che sia sempre e soltanto felice), che hanno combattuto le loro battaglie personali contro la povertà, l’ignoranza e l’ingiustizia sociale sono state donne che non hanno smarrito la speranza e perduto il loro sorriso. Sono state donne di gioia, quella gioia che non è contentezza della propria vita e tantomeno euforia, ma una pace profonda che s’irradia tutto intorno a sé. Da loro ci viene una lezione fondamentale ed estremamente attuale, proprio perché molte, troppe persone stanno perdendo la capacità di guardare il cielo, gustare un frutto, ascoltare le voci della natura, fermarsi a prendere consapevolezza dei segnali del proprio respiro e dei battiti del proprio cuore: in altre parole, della loro capacità residua di gioire.

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