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“Notti al Castello” 18-19 luglio: il ricordo di Pino Giannoni e viaggi letterari in "isole lontane"

 

La Spezia, 16 luglio - Mercoledì 18 luglio alle 21.15, al Castello di San Giorgio avrà luogo una serata in dialetto spezzino in memoria di Giuseppe "Pino" Giannoni, a cura dell'Associazione Culturale "Eugenio e Lena Giovando", con la partecipazione di Slow Food.

Come è noto, Giannoni, poeta dialettale e in lingua, cultore delle tradizioni e della cultura locali, presidente del Circolo Culturale "Il vecchio Portico", membro del Consiglio Direttivo dell'Associazione culturale "Eugenio e Lena Giovando", è tragicamente scomparso il 25 ottobre 2011, durante l'alluvione di Vernazza, lasciando un vuoto incolmabile non solo tra tutti coloro che lo conobbero e lo amarono, ma anche nell'ambito culturale spezzino e delle Cinque Terre.

In sua memoria, la serata avrà un fine benefico e prevederà un alternarsi di musica e poesia.

Luigi Camilli e Roberto Rolla declameranno poesie dello stesso Giannoni e di Eugenio Giovando.

I seguenti brani musicali della tradizione spezzina saranno eseguiti dal Maestro Giuseppe Bruno, Direttore del Conservatorio G. Puccini della Spezia, e dalla prof. ssa Valentina Renesti:

Che bèla nòte ciaa di Faggioni - Mussinelli (cavallo di battaglia del tenore Emilio Bione), W e bale de Gabòto di U. Pasquali e l'"inno" della nostra città "O bella Spezia" di E. Giovando.

Interverranno i poeti Renzo Fregoso e Cristoforo Basso, che leggeranno alcune loro poesie. Saranno presenti il Prefetto, il Vice Prefetto e il Sindaco della Spezia, il Sindaco di Vernazza, il Presidente della Croce Verde di Vernazza.

L'ingresso è a offerta ed il ricavato sarà devoluto alla Croce Verde di Vernazza, secondo quanto indicato dalla famiglia Giannoni.

Giovedì 19 luglio alle ore 21,15 al Castello di San Giorgio si terrà la serata dedicata a "Isole lontane" con ingresso libero. Verranno presentati i romanzi "Le nuvole di Timor" di Marco Ferrari e "La ragazza di Alamar" di Davide Barilli. Nell'occasione l'artista spezzina Silvia Garzonotti esporrà le sue opere dedicate all'isola dei Cuba.

Dalla penna di Marco Ferrari, autore del romanzo "Alla rivoluzione sulla Due Cavalli", da cui è stato tratto il film omonimo vincitore del Pardo d'Oro al Festival di Locarno 2001, un nuovo avvincente romanzo, un viaggio di iniziazione alla ricerca di un fratello sconosciuto sull'isola di Timor, nell'Oceano Indiano, ultimo scalo dell'estinto impero portoghese. "Le nuvole di Timor" è allo stesso tempo un romanzo d'impegno ma anche una narrazione ironica di ciò che ha provocato il colonialismo. Un sfacelo che solo la Rivoluzione dei Garofani del 1974 ha svelato al mondo e che neppure le svolte liberatorie degli ex possedimenti ha risolto.

Nel romanzo "Le nuvole di Timor" (edito da Cavallo di Ferro), Ferrari racconta dell'ultimo periodo del dominio indonesiano a Timor Est e consegna al lettore non solo una storia divertente ma anche un romanzo d'impegno civile. Senza rinunciare al taglio ironico, debitore della grande commedia all'italiana, Ferrari denuncia gli errori, le dimenticanze e gli abbandoni del colonialismo.

Marco Ferrari, giornalista e scrittore spezzino, presidente della Mediateca Regionale Ligure, ha pubblicato "Tirreno" (1988), "I sogni di Tristan" (1994), "Alla rivoluzione sulla Due Cavalli" ( 1995), "Grand Hotel Oceano" (1996) e "Ti ricordi Glauber" (1999). Con Alessandro Benvenuti ha firmato "La vera storia del mitico undici" (Ponte alle Grazie, 1998). Nel 2004 ha pubblicato "Cuore Atlantico", nel 2009 "Morire a Clipperton", entrambi da Mursia, nel 2010 "Il porto di Exodus" (De Ferrari).

"La ragazza di Alamar" di Davide Barilli, edito da Fedelo's, è invece ambientato in un'Avana piovosa, tra santuari, bettole malfamate e personaggi indecifrabili. Il nuovo libro 'cubano' di Barilli, scrittore parmigiano che soggiorna spesso nella sua casa del Fezzano, già autore di "Le cere di Baracoa", è imperniato su un incontro che segna indelebilmente il protagonista di una storia costituita più da ombre che da certezze e può essere letto come un modo per capire l'impossibilità di definire un'isola labirintica, ambigua e meravigliosamente in bilico tra disperazione e allegria. Caratterizzato da un forte senso dell'immagine e dall'uso di un glossario popolare che riecheggia un tropico ricco di significati culturali e linguistici (da almendrón a malecon, passando per altri termini evocativi e fascinosi come guagua o llegaypón) il racconto, che è illustrato, in una carnale e felice contaminazione, dalle suggestive immagini di un altro Barilli, Francesco, immerge il lettore nella Cuba più autentica, densa di echi, interrogativi e misteri. Terra di magie e tradimenti, di sogni disillusi e cammini senza meta, in un susseguirsi di undici capitoli che vanno a formare un alfabeto anomalo e controcorrente.

Silvia Garzonotti espone nell'occasione alcune opere tratta dalla mostra "Io sono Cuba". È una chiara dedica all'isola caraibica, meta di un viaggio indimenticabile. Il fascino subìto dalla Garzonotti è indelebile. Il ricordo piacevole e malinconico di quei giorni è splendidamente riassunto nelle grandi tavole a pastello, carboncino e grafite esposte nel citato spazio pubblico. Sono volti di uomini e donne riportati nella loro autenticità espressiva grazie alla tecnica della pittrice che le permette di scolpire in un chiaro-scuro efficacemente comunicativo esemplari ritratti dai contorni mai sbiaditi.

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