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Festival della Mente: Da Galileo a Castruccio, le grandi sfide della modernità In evidenza

Egidio Banti: "Un’originale lettura del dramma umano ed intellettuale di Galileo Galilei quella fornita da Massimiliano Valerii, nella “lectio magistralis” con la quale ha aperto la ventesima edizione del Festival della mente".

Non era forse facile coniugare la vicenda dello scienziato pisano, processato e costretto all’abiura dal Sant’Uffizio per le sue scoperte astronomiche, con il tema generale del Festival, “Meraviglia e disincanto”. Ma il direttore generale del Censis, oltreché studioso di filosofia e saggista insigne, lo ha fatto con indubbia intelligenza ed anche con un po’ di arguzia, riscoprendo proprio in Galileo un anticipo della parabola dell’uomo di oggi: “E’ tutto qui - ha detto nel finale - il dramma dell’uomo moderno, vacillante tra un destino di integrale immanenza e un insopprimibile bisogno di trascendenza, tra la meraviglia e il disincanto”.

E il parallelo forse più efficace, anche alla luce di un film proiettato proprio in questi giorni anche a Sarzana, Valerii lo ha fatto con un altro scienziato, molto più vicino a noi, Robert Oppenheimer. L’inventore della bomba atomica aveva coscienza della tragedia che quel micidiale ordigno aveva creato, esplodendo ad Hiroshima, e che ancora di più avrebbe potuto e potrebbe creare in futuro. E se questo non può cancellare la verità scientifica, di certo apre non pochi interrogativi sui suoi utilizzi e sul senso stesso della “modernità”.

Forse Valerii non lo sapeva, ma venerdì egli parlava a poca distanza dal castello che da secoli i sarzanesi chiamano “la fortezza di Castruccio”, quasi dedicandolo a un personaggio, che Machiavelli identificò nel Cinquecento come prototipo del suo “principe” e che volle collegare ad un’epoca nuova, quella della modernità nascente. Anche Castruccio, ghibellino e fedele all’imperatore Ludovico il Bavaro, fu a lungo in contrasto con il papato e con i vescovi di Luni. Ma non al punto da non richiedere in punto di morte, nonostante le ripetute scomuniche, di essere sepolto a Lucca nella chiesa dei francescani. Così come in quella di Sarzana aveva fatto realizzare (senza vederla a causa della sua stessa morte) la tomba del figlioletto Guarnerio. Per cui la moglie Pina, madre del piccolo, poté giustamente far apporre nel marmo scolpito da Giovanni di Balduccio, la preghiera che “il padre e il figlio siano entrambi in Paradiso”: meraviglia e disincanto, appunto, e, se lo vogliamo aggiungere, anche preghiera.

Egidio Banti

 

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