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Addio a Laura Seghettini, simbolo di una generazione che ha lottato per la libertà In evidenza

Aveva 95 anni. Il ricordo di Giorgio Pagano, Copresidente del Comitato Unitario della Resistenza.


Nata a Pontremoli nel 1922, si diplomò maestra e si impegnò subito in attività antifasciste. Per evitare l’arresto andò sui monti e raggiunse il “Picelli”, il battaglione comandato da Dante Castellucci “Facio”, superò la sua iniziale riluttanza ad accogliere una donna e si inserì nella banda facendosi apprezzare da tutti. Quando nacque il loro amore, racconta Laura in “Al vento del Nord”, “’Facio’ lo comunicò in un modo un po’ inusuale ai suoi uomini… un giorno mentre stavamo pranzando si alzò e rivolto a tutti disse: ‘Vi comunico che Laura ha scelto me’”. E a Laura “Facio” consegnò l’ultimo biglietto da dare alla madre, prima di morire: “Mamma cara, accogli Laura, mia moglie. E’ stata con me nella lotta e le ho voluto molto bene.” Laura assistette al processo-farsa a “Facio”, che si concluse con la sua condanna a morte da parte di altri partigiani, guidati da Antonio Cabrelli “Salvatore”, mossi da logiche di potere. “Finito il ‘processo’ -racconta Laura- io e ‘Facio’ fummo mandati in una stanza vuota della casa, insieme a un gruppo di partigiani armati di mitra… A un certo punto della notte un partigiano gli disse: ‘Scappa che noi ti guardiamo le spalle’. ‘Facio’ replicò: ‘Sono fuggito dai tedeschi, non scappo ai compagni’… Quando iniziò ad albeggiare vennero a prenderlo… Ci lasciarono due o tre minuti da soli nella stanza d’entrata nella casa e ‘Facio’, nel salutarmi, disse come ultima parola ‘Grazie’”. Alla morte di “Facio” Laura passò nel parmense, dove diventò vice comandante di brigata: è lei la giovane donna in prima fila nella foto della sfilata partigiana a Parma il 9 maggio 1945. Dopo la Liberazione venne a Pontremoli Otello Sarzi, il grande burattinaio amico di “Facio” e dei fratelli Cervi, per uccidere Cabrelli: ma fu Laura a impedirglielo, “perché troppo sangue era stato versato”. Laura nel dopoguerra raccolse le testimonianze scritte dei partigiani del “Picelli” a difesa di “Facio” e denunciò Cabrelli, che però se la cavò grazie all’amnistia. Ma non smise di mai di battersi per la verità. Sul piano storiografico la luce è stata fatta. Ora resta l’ultimo passo: la revoca della falsa Medaglia a “Facio”, datagli con una motivazione menzognera (perché ucciso dai fascisti), e l’assegnazione della Medaglia d’Oro a lui e a tutti gli eroi della battaglia del Lago Santo.

 

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