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La storia di Irene: se le ragioni economiche prevalgono sul diritto alla salute In evidenza

di Doris Fresco- Il disagio dovuto alla diminuzione dell'assistenza domiciliare ha spinto la famiglia a contattare il Presidente Mattarella.


Irene Tagliatti ha trentuno anni, vive a Sarzana insieme ai genitori Daniela e Umberto; ha una sorella che si è trasferita all’estero per proseguire negli studi: una famiglia come tante per l’amore che li sostiene e che per le numerose e profonde amicizie. Irene però soffre di una rarissima malattia da quando aveva pochissimi giorni di vita e negli anni, purtroppo, ha dovuto sopportare interventi e difficoltà di ogni sorta, sempre sostenuta da famiglia, amici e amministrazione comunale, che ha sempre garantito alla famiglia Tagliatti assistenza. Di recente, però, la situazione è cambiata, tanto che la famiglia ha scelto di raccontare la propria storia anche attraverso la stampa. La mamma, Daniela, ha accettato di raccontarci la sua storia: “Questa mattina- racconta- abbiamo inviato una lettera al Presidente Mattarella, sperando che possa fornirci delle risposte concrete”.

Daniela, che malattia affligge Irene?
“Irene è affetta da una gravissima disabilità, contro la quale combatte sin dalla nascita: si tratta della sindrome di Lennox Gastaut, una patologia rientrante nell’elenco delle malattie rare, altamente invalidante, con specifica esigenza assistenziale e a esito infausto. Nostra figlia è per noi un dono grandissimo e la assistiamo ogni giorno, tutto il giorno, perché la sua condizione, che la costringe a vivere con la piaga delle crisi epilettiche, l’ha privata delle capacità motorie e di linguaggio. Immaginando il cervello come una lavagna su cui scrivere, abbiamo dovuto fare i conti con una malattia che, dallo stesso dottor Gastaut, ci è stata spiegata come fosse un cancellino, che ad ogni crisi riconsegna una lavagna ripulita. Irene comunica con il mondo attraverso i suoi grandi occhi neri e sorride molto, nonostante sia costretta a fare i conti, da sempre e in ogni momento del giorno e della notte, con la piaga delle crisi epilettiche, impossibili da sconfiggere e soltanto arginabili grazie a terapie mediche d’avanguardia, a somministrazioni di dosi massicce di farmaci, a cure e vigilanza continue”.

In questa già drammatica condizione ha segnato un’ulteriore svolta il febbraio 2015, perché?
“Perché Irene ha dovuto affrontare un’ennesima sfida: è entrata in stato di coma profondo ed è stata ricoverata in ospedale. È stato un periodo veramente faticoso, tanto che le nostre speranze di riaverla a casa, considerati i pareri dei medici che l’hanno assistita, si affievoliva con il passare dei giorni. Irene però ci ha dato l’ennesima dimostrazione della sua voglia di vivere: dopo 10 mesi di calvario, Irene si è risvegliata e stabilizzata, tanto da poter rendere possibile l’impossibile e tornare a casa. Il tempo però passa anche per noi genitori e a tutto ciò si è aggiunto, contestualmente, anche l’aggravarsi delle nostre condizioni di salute: sia a me che a mio marito sono state diagnosticate gravi patologie invalidanti, che ci stanno sfibrando”.

Dopo 10 mesi però Irene è riuscita a tornare a casa …
“Sì, un grandissimo risultato, che non ci aspettavamo. Abbiamo dovuto però fare i conti (oltre a tutte le sfide che ci troviamo ad affrontare ogni giorno) anche con un nuovo, annoso problema: i Servizi Sociali di Sarzana non hanno ripreso il servizio di assistenza domiciliare che era stato erogato fino alla data del ricovero”.

Come è potuto succedere?
“Problemi di budget, problemi di bilancio. Ovviamente abbiamo da subito intrapreso il percorso previsto dalla legge e abbiamo presentato interpellanze, iniziando anche un iter giudiziario. Ad oggi le ore di assistenza previste per Irene per noi sono assolutamente insufficienti, perché ci permettono di riprendere respiro esclusivamente per 4 ore al giorno, sulle 24 ore nelle quali dobbiamo garantire assistenza ad Irene. Fisioterapia, esercizi specifici, momenti di socializzazione e di terapia in acqua: tutto questo grava sulle nostre spalle. Per il momento, è stato prodotto un nuovo progetto di Piano Assistenziale Individuale (PAI) dove non viene programmata l’assistenza a ciclo diurno e continuativo conformata all’attuale quadro clinico di nostra figlia, quanto piuttosto un’assistenza domiciliare insufficiente”.

Come mai avete deciso di rivolgervi al Presidente della Repubblica?
“Speriamo che si accenda un riflettore sulla nostra situazione, che comunque, ci è stato sempre dimostrato in tutti questi anni, sta a cuore non solo a noi. Crediamo non esista una seria e comprensibile spiegazione volta a giustificare la diminuzione dell’assistenza domiciliare che, nel nostro caso, è una questione, letteralmente, vitale. Vediamo in questa scelta la volontà di fare economia con la tutela del diritto alla salute e questo per noi è gravissimo. Vogliamo che tutti i nostri concittadini si rendano conto di quello che ci sta succedendo, perché ognuno di noi, da un giorno all’altro potrebbe ritrovarsi nella nostra situazione”.

In allegato la lettera inviata al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella 

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