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Quando la giustizia non c’è, le “toghe” scendono in strada In evidenza

di Doris Fresco e Dayla Villani- Essere poveri è una condizione che può avere svariate forme (come abbiamo visto nelle altre parti della nostra inchiesta), ma alcuni, ovviamente, sono più poveri di altri, vivono ai margini, non hanno nulla.

Alla Spezia, però, questo fenomeno non passa inosservato e (come già detto) esistono svariate e valide associazioni che, per quanto possibile, intervengono affinché queste persone non si sentano completamente sole.
Tra queste Avvocati di strada, un'associazione nata a Bologna nel 2000 per iniziativa di alcuni avvocati giuslavoristi con finalità di solidarietà sociale in favore delle persone senza fissa dimora e svantaggiate. Pian piano la rete si è allargata su tutto il territorio e, nel 2012 ha aperto, proprio alla Spezia, la prima sede ligure.
Oggi, soprattutto grazie alla Caritas- collaborazione che garantisce un canale privilegiato tramite i centri di ascolto e i dormitori- i punti di accesso provinciali sono sia alla Spezia che a Sarzana. Per statuto è possibile dare assistenza completamente gratuita solo a persone senza fissa dimora, persone in disagio abitazionale e, data la situazione d'emergenza, anche a migranti e donne vittime di tratta. Per conoscere meglio questa realtà e approfondire il delicato tema della giustizia in relazione allo status di povertà, abbiamo parlato con Federico Lera, portavoce degli avvocati di strada che, per prima cosa, sfata il mito del foro come luogo di arrivisti e ricchi personaggi votati alla legge per convenienza economica. Lera ci racconta di un'associazione (non l'unica, va precisato) formata da professionisti che hanno deciso di mettersi in gioco mettendo a disposizione di una delicata fascia di cittadini la propria competenza: "Ho sempre fatto volontariato, poi ho pensato che il modo migliore per farlo fosse facendo quello che so fare: l'avvocato", racconta.

Se dovessimo fare, oggi, un bilancio generale sul tema dell'uguaglianza e della giustizia sociale quale sarebbe?

È una domanda che innesca un meccanismo di altri quesiti. Vero è che, storicamente, almeno in alcune società sono state vinte battaglie ed acquisiti diritti un tempo inammissibili. D'altro canto, quotidianamente sentiamo parlare di episodi di ingiustizia, povertà e disparità sociali in aumento (cliccate qui), con leggi e normative ben scritte sulla carta, ma poco declinabili e controllabili nei diversi contesti. Ma d'altronde si sa, si tratta del corso naturale della storia, verso un'evoluzione o involuzione che sia.
Proprio per questo, però, nostro dovere morale, in un'ottica di status quo e di equilibrio sociale, è non smettere mai d'interrogarsi, non rimanere inermi di fronte a ciò che non va, ma cercare di smuovere le coscienze e recuperare il senso del vero. Siamo sicuri quindi di avere più diritti? Siamo tutti uguali di fronte la legge?

In un paese che si colloca al 24° posto in Europa per giustizia sociale – secondo il 3° Rapporto annuale dell'Istituto Bertelsmann Stiftung Social Justice in the EU – Index Report 2016 – scoperchiare le infinite pentole, partendo prima di tutto dal locale, diventa quindi necessario.

Cara giustizia dove sei?

justice-423446 1280"Oggi le difficoltà di accesso alla giustizia coinvolgono proprio tutti, non solo le persone in difficoltà - racconta Lera, l'avvocato volontario specializzato in diritto e protezione internazionale - "In Italia, dove i costi della giustizia sono sempre più alti, i processi sempre più lunghi, sempre più persone rinunciano a chiedere assistenza legale. La mancanza di uguaglianza produce un contesto in cui le disparità economiche, culturali o relazionali rendono ingiusto non solo il presente ma le prospettive future delle persone".
Per legge, in Italia, chi ha determinati requisiti ed un reddito familiare inferiore ai 11.528 euro annuali ha diritto al gratuito patrocinio.

Ma chi più di un senza-dimora può essere considerato soggetto bisognoso di tutela e di assistenza gratuita in quanto soggetto economicamente svantaggiato? Eppure costoro sono spesso ignorati, soggetti ad indifferenza, entrando a far parte della categoria degli "invisibili", di coloro a cui spesso non viene data la possibilità di beneficiare del patrocinio a spese dello Stato, o perché non possiedono la documentazione necessaria a causa della perdita di residenza o perché il giudice decide di respingere l'istanza di ammissione in quanto ritiene che il soggetto possieda un reddito sufficiente legato all'attività illecita che egli svolge.

Anche in questo caso è il mondo privato ad intervenire in alternativa alle mancanze statali, offrendo un'assistenza legale completamente gratuita.
"Il fatto è che la giustizia – soprattutto quella civile - ha sempre un costo e per i nostri assistiti diventa un problema anche pagare trenta euro. Ed ecco perché cerchiamo anche di tasca nostra di colmare questi deficit, e Caritas ci dà una grande mano per la fornitura del servizio. E poi c'è l'associazione madre che ci copre le spese grazie la partecipazione a bandi di gara e attività di fundraising".
Prima sede in Liguria, l'associazione Avvocati di Strada alla Spezia conta ora il gruppo più numeroso sul territorio con 8-10 avvocati, tutti più o meno tra i 35 e i 45 anni. "Allo sportello devono esserci almeno due avvocati per garantire un doppio controllo e prevenire eventuali casi di disonestà per esempio per dirottamento dei clienti in studio a pagamento. Poi ci sono anche i soci sostenitori, non togati, che danno una mano. I contatti con il centro di ascolto e i servizi sociali sono continui per la segnalazione dei casi. I problemi sono i più disparati: persone che hanno perso tutto; che hanno lavorato in nero e che hanno bisogno di aiuto per recuperare dei soldi. In media trattiamo 6/ 7 casi al mese di apertura casi; mentre la consulenza è continua (da diritto civile e penale a quello dei migranti)".

Lo sfratto come anticamera della strada

Per contenere la mole di lavoro, l'associazione definisce delle regole interne, omogenee su quasi tutto il territorio nazionale. "Per questo non si possono seguire i casi di sfratti abitativi anche se le criticità – soprattutto per gli italiani – risiedono proprio li. Così, nei casi di sfratto abitativo non possiamo seguire direttamente la persona fino a quando non finisce in strada o in un dormitorio" continua Lera. Lo sfratto è l'anticamera dell'entrata nei processi di impoverimento e di esclusione sociale.

Uno dei casi più eclatanti, balzato alle prime pagine della cronaca nera, è la storia del clochard rimasto ucciso durante una rissa, nella primavera del 2015, anche in questo caso, Avvocati Strada è stata presente: "anche se solo marginalmente, avevamo voluto renderci utili per quanto possibile. In poche parole, aiutando la compagna a recuperare gli oggetti del ragazzo deceduto"(ne avevamo parlato qui).
I senza tetto sono soliti spostarsi periodicamente, per aggregazione sociale o per ricongiungimento con alcuni familiari. "Ovviamente abbiamo bisogno di monitorare la situazione e tracciare gli spostamenti, non per violazione del loro diritto a vivere come vogliono, ma perché per fare il nostro lavoro, una volta iniziato un procedimento, abbiamo bisogno di restare un minimo in contatto, altre vote invece abbiamo bisogno di sapere se in qualche altra città i nostri assistiti hanno avuto bisogno di rivolgersi agli avvocati di strada. Per questo motivo abbiamo uno schedario nazionale in cui raccogliamo le generalità delle persone assistite, garantendo ovviamente la privacy".

A proposito di immigrati extracomunitari, questi rappresentano oggi, una componente importante della povertà estrema e dell'esclusione abitativa. A differenza di quanto si verifica nella componente italiana del fenomeno, le persone senza dimora d'origine extracomunitaria, evidenziano in genere, una forte motivazione all'inserimento e all'integrazione sociale.
Ma ad aumentare è anche il trend riferito agli italiani: uomini e donne che finiscono su strada, vittime della crisi, di una separazione familiare, del lavoro che non c'è. Tra questi c'è un grosso afflusso di donne vittima di violenza e migranti interni (principalmente dal sud Italia) che confluiscono forse come snodo di cambio direzione. "Fortunatamente i casi degli spezzini sono più rari e, nella maggior parte dei casi, non si rivolgono direttamente a noi proprio perché non finiscono in strada" conclude Lera.

Quindi poco importa se si tratta di uomini o donne, giovani o anziani, italiani o stranieri oggi la povertà può colpire ognuno di noi, persone che, magari prima erano insegnanti, commercianti, operai ecc., e che non si sarebbero mai immaginate di arrivare a tal punto.

Qui gli altri articoli della nostra inchiesta:

Povertà, quella davanti ai nostri occhi

Inchiesta Povertà: parliamo di acqua, da diritto a bisogno

Chiusura contatori acqua? Acam risponde: "stretta sui furbetti, non sugli indigenti"

Bolletta Acqua? Ato idrico: "aperte le richieste per chi è in difficoltà"

Nuove povertà emergenti? Auser ci parla degli anziani

 

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