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Don Ciotti alla Spezia: "Bisogna schierarsi e chiamare il male per nome" In evidenza

di Doris Fresco - Il prete antimafia in città in occasione dell'assemblea provinciale di Libera.

"Conoscere, scegliere, schierarsi", questo il titolo dell'incontro che oggi pomeriggio ha visto protagonista don Ciotti, prete antimafia fondatore del gruppo Abele e di Libera.

L'incontro, promosso dal coordinamento di provinciale di Libera La Spezia in occasione del rinnovo delle cariche sociali, si è svolto nel salone di Tele Liguria Sud: un nutrito pubblico formato da giovani, meno giovani, autorità e rappresentanti di associazioni del territorio, ha ascoltato la testimonianza di don Ciotti, da sempre impegnato nella lotta alle mafie e nel sostegno ai più deboli.

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Francesco Baruzzo, referente di Libera La Spezia appena eletto e che succede a Marco Antonelli: "L'incontro di oggi è sicuramente molto importante per tutta la rete. Non è un incontro isolato, ma un piccolo tassello di quello che svolgiamo quotodianamente sul territorio, come la formazione, il lavoro con i beni confoscati e molto altro ancora".

"Un argomento fondamentale - ha confermato il vescovo Palletti in apertura dall'incontro - perché riguarda tutti noi. Tre verbi fondamentali, che ci invitano davvero ad essere partecipi della nostra realtà".

Baruzzo, che ha introdotto don Ciotti, ha ripercorso per prima cosa la storia del presidio spezzino, partendo dal racconto della tragica morte di Dario Capolicchio, vittima di mafia a cui è dedicato il presidio di Libera provinciale, ma ha anche rivolto alcune parole alle autorità presenti su un tema caldo per il territorio, il Parco di Montemarcello: "Sicuramente va riformato e si può fare di più e meglio, ma bisogna stare attenti a stradicare un presidio di salvaguarda di cultura ambientale. Conosciamo, scegliamo e schieriamoci".

Parola poi al protagonista della giornata, don Ciotti: "55 anni di Abele, 25 anni di Libera, non sono la storia di un'unica persona, ma è la storia di un noi", è la storia delle stragi di via D'Amelio, di Capaci, della lotta al traffico di stupefacenti: "La voglia di fare di più, anche alla luce della profezia di don Sturzo, che aveva anticipato quello che oggi tutti sappiamo: la mafia non è una questione che riguarda solo il sud d'Italia. Sono 164 anni che parliamo di mafia ed è indubbiamente importante oggi conoscere, per diventare cittadini più responsabili diffidando dal sapere superficiale e di seconda mano. Schierarsi poi per costruire e difendere la coscienza sociale, chiamare il male per nome e non girarsi dall'altra parte, perché il male non è solo di chi lo commette ma anche di chi ne è complice".

Un duro attacco all'omertà, all'indifferenza, alla non scelta: "Il rischio maggiore è perdere il rispetto per sé stessi. Non metterci in gioco e stare nella rassegnazione hanno l'antidoto nella comprensione, soprattutto perché abbiamo il dovere di essere innanzitutto cercatori della verità. Il cambiamento che vogliamo e desideriamo parte da noi".

Libera oggi è ovunque in Europa, ma la strada da fare è ancora lunga: "Il nostro compito è educativo, sociale ed etico e presuppone una corresponsabilità con le istituzioni. Dobbiamo essere un pungolo al loro fianco per chiedere il bene comune, ma dobbiamo manifestare gratitudine e apprezzamento per chi ogni giorno lavora e compie sacrifici, come le Commissioni Antimafia, ad esempio".

La mafia si trasforma, è multiforme, evolve il metodo mafioso, fermo restando il progressivo allargamento del raggio d'azione proprio delle organizzazioni mafiose: "Nessun luogo può considerarsi sicuro e molto spesso il consolidamento dell'illegalità si trova nei nuovi ambiti imprenditoriali ed economici perché la forza delle mafie sta anche nei numerosi professionisti come notai o commercialisti che si prestano alla criminalità, l'etica dunque non è della professione, ma deve essere professione".

I confini tra il lecito e l'illecito sono il terreno fertile che dobbiamo sempre tenere sotto controllo, perché è sempre più in quest'area che la mafia trova il suo spazio d'azione. "Vi consegno il dovere di leggere l'Europa, di non rinchiuderci, di capire l'intelligenza tecnologica e finanziaria della mafia, con le sue nuove strategie di organizzazione. La borghesia mafiosa non è la fantasia di qualcuno...".

Diventa importante quindi guardare attentamente al proprio territorio, ma ampliare il ragionamento a tutta l'Europa: "Bisogna uniformare le leggi, unire le forze di tutti, rendendo attuativi molti passi legislativi che sono stati fatti". Confisca e uso sociale dei beni che devono essere restituiti alla collettività, come quello che è accaduto a Sarzana, sono orgoglio del percorso anfimafioso: "Una legge costruita dal basso, con milioni di firme raccolte e passi avanti costanti, anche ad opera dello scorso governo, stando attenti però a possibili insidie, perché questi beni fanno gola a molti".

Perdere la democrazia, andare incontro ad una Terza Guerra Mondiale 'a pezzi' (composta da molti conflitti singoli e apparentemente scollegati) e a una catastrofe ecologica, sono i tre rischi maggiori che corriamo oggi non schierandoci e non scegliendo: "Il pianeta è la nostra casa comune e c'è bisogno dell'impegno di tutti, perché ogni cosa è connessa alle altre. Nelle guerre e nei rifiuti la mafia c'è. Il pessimismo però non mortifichi mai la speranza, perché la parte giusta e il bene non sono luoghi in cui stare, ma strade da seguire, non restando inermi alle sofferenze e alle ingiustizie, proseguendo il cammino insieme, anche se in salita".

L'ultimo commento poi è rivolto alle donne che, appertenenti a famiglie mafiose, oggi compiono vere e proprie rivolte: "Oggi sono loro che denunciano, chiedono aiuto, si rivolgono alle autorità, e lo fanno per amore dei figli, rompendo con la logica della famiglia mafiosa. Un segno importantissimo".

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