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Cinque Terre ai raggi X, parla Silvia Olivari della Forestale In evidenza

Intervista a Silvia Olivari, coordinatore territoriale Corpo forestale dello Stato per il Parco Cinque Terre.

Le Cinque Terre quale meta per il turismo escursionistico. Che spettacoli offrono i sentieri del Parco Nazionale delle Cinque Terre? Panorami marini, aperti alle isole di Corsica, Capraia, Gorgona, Elba; scogliere battute dalle onde e agavi abbarbicate alla roccia e sospese sui flutti. Paesaggi agrari inseriti come mosaici nei boschi: uliveti, orti e soprattutto vigneti scompongono il verde dei versanti, coperti da boschi di leccio, di castagno, di querce e di pino marittimo. Borghi storici, le terre, racchiusi allo sbocco di valli, stretti tra il mare e le pendici dei monti, circondati da vigne e frutteti, indovinati e scoperti, prima ancora che visti. L'ascolto di suoni e di voci appartenenti ai luoghi: il vento, il mare, i ruscelli, le cesoie, la zappa. L'assenza di grida, di rumori di auto. Quali i più battuti dai turisti e che quindi hanno bisogno di più cure da parte della forestale? Gli itinerari maggiormente percorsi sono quelli che collegano i paesi delle Cinque Terre: Monterosso, Vernazza, Corniglia, Manarola, Riomaggiore, in quanto consentono di raggiungere e visitare a piedi i centri storici e di suddividere a piacimento il tragitto. Considerato il forte afflusso il Corpo Forestale dello Stato intensifica la sorveglianza per evitare che per disattenzione e impreparazione si verifichino inconvenienti spiacevoli. Camminare in sicurezza. Di cosa abbiamo bisogno? Intanto di un buon paio di scarpe da trekking e di una borraccia d'acqua, uno zainetto dove riporre un ricambio, la mantellina, della frutta. Serve anche il cappello, sia per la pioggia che per il sole, il binocolo e la macchina fotografica; evitare d'estate le ore più calde e quelle serali prossime al buio; avvertire sempre qualcuno, familiare o albergatore, del tragitto scelto. Non raggiungere mai il limite delle forze, per non trasformare la gita in una tortura. Che tipo di vegetazione "tipica" si incontra lungo i tragitti? La vegetazione è molto varia, il paesaggio è montuoso e molto articolato. Così si passa in breve spazio dalla macchia mediterranea, lucida e profumata, ai vigneti, ai boschi ombrosi di latifoglie e di conifere. E' la diversità degli ambienti e quindi della vegetazione a rappresentare la tipicità. Dopo il tragico incendio del 1998 qual è lo stato di salute dell'ecosistema? Dall'istituzione del Parco Nazionale, avvenuta nel 1999, e con la conseguente sorveglianza del territorio da parte del Corpo Forestale dello Stato, gli incendi sono stati annualmente molto ridotti, in numero ed estensione, o nulli. Le pinete di Pino marittimo, soffrono l'attacco di un parassita, la cocciniglia del pino, che ne provoca indirettamente il disseccamento e contro cui, purtroppo, non esistono antidoti. Introdotto negli anni settanta con il trasporto di legname infetto, ha già attaccato le pinete della Liguria, della Toscana e del Lazio. Il Parco delle Cinque Terre è fortemente antropizzato. Mi riferisco ai terrazzamenti sorretti da circa settemila chilometri di muretti a secco. Possiamo dire che il secolare intervento dell'uomo si è armonizzato con la natura senza sconvolgerla? L'uomo ha per necessità modellato il pendio naturale dei versanti, con i gradoni dei terrazzamenti e sostituito la vegetazione spontanea con le coltivazioni, ha regolato accuratamente i nuovi gli equilibri idrogeologici, per evitare le perdite. Così facendo si è inserito a perfezione nella natura. La minaccia dell'abbandono mette a rischio il sistema di terrazzamenti e di stabilità idrogeologica dei territori. Come si riesce a conservare quest'opera monumentale? L'abbandono delle coltivazioni e quindi della manutenzione dei muri a secco e della regimazione idrica induce al ritorno della situazione iniziale, spesso a costo di frane e dissesti. Talvolta la vegetazione spontanea fa in tempo a ricoprire e a proteggere dall'erosione i terreni nudi abbandonati, ma in zone troppo ripide e prossime al mare, la gravità ha la meglio. Solo le zone più vocate all'agricoltura e produttive possono essere conservate, valorizzandone le produzioni. Secondo quanto emerso dal rapporto diagnostico per l'adesione alla Carta europea del turismo sostenibile, il vostro Parco è prediletto dal turismo internazionale. Secondo lei a cosa si deve questa tendenza? E' un fenomeno sorprendente e relativamente recente, concomitante alla nascita del Parco Nazionale, che ha saputo promuovere il territorio e i suoi progetti oltre i confini nazionali, mantenendole con forza l'identità.

 

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