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Benifei: "Al più presto una nuova fase costituente per il PD spezzino" In evidenza

L'europarlamentare analizza l'esito del voto a Sarzana e ribadisce, come aveva fatto dopo il 4 marzo, la necessità di una fase congressuale e della ripartenza dalle basi del partito.

 

La sconfitta di Sarzana è un durissimo colpo per tutti i democratici e progressisti spezzini: come tanti, sono cresciuto come persona interessata e poi impegnata in prima persona nell’attivismo politico nel mito del comandante partigiano Paolino Ranieri e nella storia del buon governo delle amministrazioni della sinistra sarzanese. Credo che sarebbe troppo facile oggi buttare tutta la responsabilità della sconfitta sulla testa del candidato sindaco o della sua squadra, mentre bisogna ammettere che in questi anni neanche noi quando abbiamo governato il Paese siamo stati fino in fondo in grado di arrestare un processo ventennale che in Italia ha visto scaricare l’austerità di bilancio e tutti i tagli sulle spalle degli enti locali. Avendo fatto parte dell’amministrazione provinciale, come consigliere e presidente di commissione, ho una piccola esperienza diretta di quanto sia difficile oggi essere rappresentanti locali dei cittadini, me lo ricordano continuamente i colloqui periodici che mi trovo a svolgere con gli amministratori per discutere di fondi europei.

Nel contempo, non possiamo però ignorare le responsabilità e le scelte: all’indomani della sconfitta del 4 marzo mi sono dimesso dalla direzione provinciale del PD dicendo con chiarezza che andavano azzerati subito tutti gli organismi e si doveva ripartire non da riunioni di gruppi dirigenti ormai obsoleti, ma da assemblee aperte di cittadini ed elettori, rivolgendoci anche a chi ci ha sostenuto in passato e non lo ha fatto questa volta; mi è stato detto che era meglio aspettare a strutturare un percorso di questo genere solo dopo che fosse stato ripristinato un clima di dialogo e unità nel partito, per ripartire con più slancio in una maniera che non risultasse un'iniziativa lacerante. Ho dubbiosamente accettato questo approccio prendendo atto che la mia linea di azzeramento immediato era minoritaria nel partito in quel momento e sostenendo, non senza accese discussioni, l’opportunità di permettere alla segretaria provinciale Federica Pecunia di procedere, come si è impegnata a fare davanti a decine di persone in una concitata riunione, a comporre un gruppo dirigente provinciale totalmente nuovo, a eleggere un nuovo coordinamento cittadino alla Spezia e un nuovo capogruppo in Consiglio Comunale. Tutto ciò si doveva fare anche per essere messi nelle migliori condizioni di affrontare la campagna amministrativa, provando a riaprire un dialogo collegiale con tutte le forze a sinistra con cui i rapporti, soprattutto a Sarzana, erano fortemente logorati.

Cosa ne è stato di questo impegno? Nulla di tutto questo si è realizzato in questi mesi: nonostante avessimo tutti “messo la faccia” sulla necessità di una ripartenza condivisa e plurale, la federazione provinciale di via Lunigiana è rimasta di fatto svuotata e priva di una funzione se non di gestione burocratica dell’ordinaria amministrazione, quasi come se si dovesse fare la guardia a un vaso ormai vuoto. È stato evidentemente un errore, un eccesso di responsabilità legato alla difficile sfida amministrativa alle porte, quello di decidere di cercare di trovare una soluzione che fosse di compromesso: questa apertura di credito è stata sostanzialmente utilizzata per non cambiare e non fare niente di quanto era necessario e lo dico con grande rammarico e delusione. Non si è neppure convocato un incontro provinciale, né prima del primo turno né nelle due settimane del ballottaggio di Sarzana, per discutere insieme di come ognuno nel partito potesse dare una mano per questa sfida amministrativa. Tutto è stato lasciato a iniziative estemporanee o dei singoli, con un forte effetto di disorientamento anche per i nostri militanti.

Ciononostante, ci siamo tutti ugualmente impegnati al massimo in questa campagna elettorale sapendo quale era la posta in gioco, ma i risultati di questo modo di gestire il partito sono oggi sotto gli occhi di tutti ed è giusto che io parli onestamente e apertamente di questa situazione ai nostri elettori e ai miei compagni di partito. Credo, ben inteso, non si possa pensare che, se abbiamo vissuto questi mesi di paralisi, tutta la responsabilità possa essere scaricata sulla segretaria provinciale, che evidentemente ha avuto pressioni e problemi che hanno sostanzialmente bloccato l’azione politica. Se così è andata, però, penso avesse ancora più ragione chi, come me, già dal 5 marzo ha chiesto di azzerare tutto subito per liberare il partito da un’immobilità che lo ha massacrato.

Adesso non abbiamo alternative: senza fare di nuovo politica per davvero - con una struttura comunale alla Spezia e ugualmente a livello provinciale per aiutare i nostri circoli a riprendere un dialogo serio e diretto coi cittadini e ad elaborare proposte utili per i loro comuni e quartieri - nessuna ripresa è possibile e rischiamo di coronare questa sequela di sconfitte iniziata nel 2015, condannando fra due anni la nostra Regione a proseguire la negativa stagione di Toti, oltre a mettere a rischio i molti comuni al voto il prossimo anno. Ritengo fosse doveroso ripercorrere tutte questi aspetti, poiché causa per me e per molti nostri elettori di notevoli frustrazioni: è dolorosissimo vedere dissipato un patrimonio di impegno e di idee in mesi di inazione, di ansia di non turbare equilibri e di continui incomprensibili rinvii; lo dico senza voler iniziare un gioco inutile di rimpallo di responsabilità e sapendo che da un confronto, anche duro, devono nascere le ragioni di stare insieme per contrastare la pericolosa deriva che il governo gialloverde sta iniziando a imprimere al nostro Paese.

Alla luce di tutto questo mi chiedo se non sia arrivata l’ora di avviare al più presto una discussione congressuale per costruire una nuova stagione, un nuovo gruppo dirigente, un nuovo progetto anche nel partito alla Spezia, superando vecchie e ormai inutili divisioni slegate dalla politica e del tutto irrilevanti per i cittadini e pure per moltissimi nostri militanti, a cui non interessa chi ci sta simpatico fra i leader del partito locale, se “stiamo” con Renzi, Calenda o Zingaretti, ma vogliono sapere che idee abbiamo, questo sì, e cosa vogliamo fare per loro. Non diamo avvio a lotte fratricide, ma avviamo subito un dibattito per ricostruire un campo unito dei progressisti, che non può prescindere da un Partito Democratico radicalmente rifondato anche con l’iniezione di idee e energie nuove (non sempre necessariamente giovani anagraficamente) nel gruppo dirigente a tutti i livelli: serve un partito in sintonia con il nuovo tempo che viviamo, in cui l’unità a sinistra è l’unica formula che anche oggi in Europa permette a governi progressisti di esistere, dal Portogallo alla Spagna alla Svezia, con proposte politiche fortemente orientate a maggiore uguaglianza sociale, redistribuzione del reddito e delle opportunità, protezione dalla globalizzazione selvaggia e non governata. Si tratta, ovviamente, di un dibattito non banale e che non va semplificato, che ha anche inevitabilmente un carattere nazionale e che si intreccia anche con le scelte che dovremo fare su come e con quale proposta politica presentarci alle elezioni europee del prossimo anno, ma dato il punto a cui siamo arrivati in Liguria e nella nostra provincia serve prima di tutto ripartire da noi e dalla ricostruzione a livello locale, dai nostri territori, una volta baluardi della sinistra.

È tempo di scrivere una nuova storia, il tempo dell’immobilismo è irrimediabilmente scaduto.


Brando Benifei
Europarlamentare Partito Democratico

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