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Veschi: "I referendum sull'autonomia sono una truffa" In evidenza

L'opinione dell'ex consigliere regionale del Partito Democratico.

 

Domenica prossima si vota in Lombardia e Veneto per un referendum regionale il cui scopo è l’attribuzione di maggior autonomia alle due Regioni.
L’interesse per le consultazioni in questione è, naturalmente, aumentato in modo considerevole dopo le note vicende in merito alla richiesta di indipendenza della regione spagnola della Catalogna.
Se fossi cittadino lombardo o veneto, io non avrei alcuna esitazione a votare “no” e posso spiegare il perché.
Anzitutto, questa particolare tipologia referendaria è, di fatto, completamente inutile, un vero e proprio spreco di denaro in danno di tutti i contribuenti italiani. L’obiettivo dichiarato è stato già stabilito – peraltro assai chiaramente – dalla nostra Carta Costituzionale. L’art. 116 dichiara infatti: “Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia possono essere attribuite ad altre Regioni [oltre a quelle a Statuto speciale], con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali...” .
Ebbene, sulla base di questo articolo, una Regione può “contrattare” ulteriori materie da gestire in autonomia rispetto a quelle già spettanti per dettato costituzionale.
Un esempio su tutti: la Regione Emilia-Romagna non ha mai proposto alcun (costoso, inutile) referendum. Ha piuttosto, correttamente, aperto una trattativa con il Governo così come previsto dal citato art. 116 della Costituzione.

Perché allora si promuovono i referendum in Lombardia e Veneto, accompagnati da generici proclami quali “referendum per l’autonomia”?
La risposta è semplice: lo si fa per propaganda, perché la destra utilizza le istituzioni per creare consenso e non per risolvere i problemi.
La Giunta Ligure, a trazione leghista, ha annunciato di essere pronta a indire anche qui analogo referendum, senza peraltro accennare all’entità dei costi per questa operazione...
Alla base di questi referendum c’è un’ideologia “le tasse che paghiamo rimangano nel nostro territorio”. Bene, tralasciando il fatto che questa specifica rivendicazione non può essere materia di referendum, atteso che la Costituzione vieta lo strumento referendario per la materia fiscale, sorge un dubbio: se tutte le Giunte Regionali italiane, domattina, deliberassero di proporre referendum analoghi, quali sarebbero le conseguenze per i nostri territori e, soprattutto, per le fasce più deboli?
Prendiamo ad esempio il Fondo Sanitario Nazionale, che dev’essere finanziato attraverso il prelievo fiscale (su tutto il territorio nazionale) per garantire l’universalità e l’effettività del diritto alla salute. Senza l’incremento di questo fondo, i servizi della sanità pubblica sono fatalmente destinati a subire ulteriori tagli.
Senza dubbio, la Regione Liguria sarebbe fortemente penalizzata anche sotto questo aspetto perché è una regione che ha bisogno di riequilibrio finanziario rispetto a quelle maggiormente popolate e più estese, riequilibrio possibile solo allo Stato.
La linea portata avanti dalla Lega Nord con il supporto di Forza Italia coniuga un velleitario “territorialismo” ad una politica “neo-liberista” che va a colpire, oltre alla sanità pubblica, anche l’istruzione, i trasporti pubblici e le politiche per la casa.

È positivo che Articolo 1 – MDP abbia preso posizione contro i referendum lombardo-veneti. Al contrario, la posizione favorevole degli amministratori lombardi e veneti del PD conferma la caduta precipitosa di analisi e cultura politica di questo partito. Non si capisce perché il PD senta questa impellente necessità di rincorrere la destra.

Confidiamo che i cittadini lombardi e veneti prendano coscienza dell’assurdità di questi referendum.

Moreno Veschi – ex Consigliere Regionale, esponente di Art. 1, MDP

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