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Aiutiamoli a casa loro! La Caritas zittisce bufale e cinici a colpi di solidarietà universale In evidenza

Intervento di Stefano Strata, Caritas diocesana - Negli ultimi mesi, sulla stampa e altrove, abbiamo sentito più volte ripetere la frase "Aiutiamoli a casa loro", abbiamo ascoltato tanti "saggi" insegnare come essere solidali, ci è stato insegnato che la solidarietà deve essere fatta con risorse proprie e non con quelle degli altri, che si deve distinguere tra chi fugge da conflitti e chi fugge da povertà e mancanza di opportunità, e così via.

Ebbene, è giusto ricordare che, per quanto riguarda noi della Caritas, la gente "a casa propria" la aiutiamo da tempo. Da aprile 2014, ad esempio, è attiva alla Spezia la convenzione tra la Caritas e la Fondazione antiusura "Santa Maria del Soccorso" di Genova proprio per intervenire con piccoli prestiti sulla cosiddetta emergenza locativa, per contenere il dramma degli sfratti o per consentire a famiglie bisognose di subentrare in una nuova locazione. Sono trentacinque le pratiche attivate sinora, per complessivi 35 mila euro. Anche i microprestiti convenzionati con la Fondazione Carispezia sono destinati alla emergenza abitativa, più ampia quindi della "locativa": con le sole pratiche Caritas sono stati erogati 43 mila euro a favore di ventisette nuclei familiari. Aiutiamo "a casa loro" la gente anche con i "prestiti della speranza", attinti dal fondo nazionale della Conferenza episcopale italiana, con i quali sosteniamo il reddito di quasi cento famiglie per un totale di 426 mila euro. Grazie a questi fondi sono state create due piccole imprese e altre pratiche sono in istruttoria, essendo disponibili finanziamenti sino a 25 mila euro per creare imprese, in collaborazione con Camera di commercio e altri enti e associazioni. Sempre in collaborazione con la Fondazione antiusura di Genova, dal 2008 abbiamo risanato i bilanci di oltre quattrocento famiglie, consentendo loto di mantenersi una casa, indispensabile per ogni progetto di promozione sociale e di vita. Altre famiglie sono "aiutate a casa nostra" dando ospitalità di alloggio in comunità ed in appartamenti gestiti da parrocchie o da enti religiosi. La casa, infatti, rappresenta sempre più spesso l'emergenza di troppe persone che non vengono da altri continenti ma sono tra noi da sempre. La casa assorbe risorse sempre più rilevanti e rischia di divenire un onere insostenibile per singoli o per famiglie. Il "social housing", al riguardo, non è risolutivo, e comunque i pochi progetti previsti non decollano o non sono adatti a chi non può fare affidamento su un reddito medio. Così le morosità relative ad alloggi di edilizia pubblica rimangono rilevanti e i piccoli proprietari spesso non riescono a recuperare le locazioni spettanti di fronte alla perdita di reddito dei conduttori. Le case non mancano, ma per molti sono sempre più inarrivabili. La politica pubblica "a tutti una casa", lodevole nel principio, rischia, nel medio e lungo periodo, di creare una fetta di popolazione che passa di sfratto in sfratto. Occorre dunque studiare nuove tipologie di gestione (usufrutto a termine, agevolazioni all'acquisto), alloggi adatti a coabitazioni, con parti riservate ed altre in comune, moduli abitativi prefabbricati a costi ridotti, inseriti però in aree adatte a non creare "ghetti". Pare anche importante ricordare che, dal gennaio 2014 al giugno 2015, i dieci servizi parrocchiali che in diocesi redigono schede di rilevazione per l'osservatorio Caritas, hanno accolto oltre milleduecento persone sole o nuclei familiari, di cui il trenta per cento italiani, cui si aggiungono 876 persone e famiglie assistite tramite l'"emporio solidale" per la spesa e per gli acquisti. A loro volta, i due Centri di ascolto della Spezia e di Sarzana hanno accolto 1356 persone e nuclei familiari. A favore di queste persone sono stati attivati oltre diciassettemila interventi, con oltre tredicimila erogazioni alimentari, di vestiario e di altri beni. Infine, non va dimenticato che "aiutano a casa loro" le persone in difficoltà gli otto missionari spezzini che da anni vivono in Venezuela, in Brasile (dove operano con i "ragazzi di strada"), in Kenya, in Tanzania (dove gestiscono scuole e attività formative), in Israele (dove operano per la pace e per l'accoglienza), in Turchia, e negli Stati Uniti (dove operano a favore dei nativi indiani). (19 settembre)

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