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Progetto edilizio al Canaletto, Articolo Uno: "Speculazione immobiliare, non rigenerazione urbana"

Secondo il gruppo serve invece un piano urbanistico di valorizzazione dell'area, importante anche dal punto di vista storico.

Vista della zona interessata Vista della zona interessata

Fa discutere e solleva giuste proteste l'intervento urbanistico privato che l'Amministrazione Comunale pare voglia sostenere.
In realtà si tratta di un'operazione di speculazione immobiliare, fatta passare come un'opera di “rigenerazione urbana e recupero del territorio agricolo”.
Laddove termina il Parco della Maggiolina si intende demolire un gruppo di piccole casupole di tipologia rurale, circondate da piccoli orti, in parte dismesse o degradate, che comunque sono l'ultima testimonianza residua del passato agricolo della piana di Migliarina, così come si è configurato nei secoli scorsi.

Nessuno di noi difende l'esistente degrado, ma si converrà che il luogo è di notevole pregio urbanistico: confinante col Parco da un lato e con il complesso della Beghi dall'altro, in posizione centrale e nevralgica del tessuto urbano.

Occorreva un piano urbanistico ed architettonico di recupero e di valorizzazione ambientale, paesaggistico e funzionale.
Nulla di tutto ciò; l'unica valorizzazione che la Giunta Municipale pare voglia sostenete è quella speculativa ed immobiliare privata. Impossibile non vedere tali intenti se si considera il tipo di progetto preliminare presentato dai privati: due palazzoni di dieci piani ed altre costruzioni che fanno tabula rasa di tutto, persino della testimonianza e della memoria del preesistente agglomerato rurale.

Per inciso, ciò è in contrasto ed incompatibile col Piano Regolatore (PUC) vigente. Ma su quest'ultimo aspetto va esaminata l'altra faccia della medaglia. Nel senso che esattamente due anni fa la Regione Liguria ha approvato una leggina urbanistica (ad hoc), assai permissiva e contraddittoria, che facilita e consente anche interventi di questo tipo, in deroga ai principi di una corretta pianificazione territoriale.
Tale legge (L:R. 29/11/2018, n° 23), anche modificata da benevoli modificazioni proposte dall'opposizione, si colloca nel contesto di quella “deregulation” che ha segnato l'urbanistica nazionale degli ultimi decenni. Negli anni ha preso corpo e sostanza quella che molti studiosi di urbanistica hanno chiamato “Urbanistica di rito ambrosiano”, altri ancora l'hanno definita “urbanistica contrattata” i cui campioni nazionali furono all'epoca il Celeste ex presidente lombardo, on. Roberto Formigoni, e l'on. Maurizio Lupi, già assessore all'urbanistica di Milano all'inizio del nuovo secolo.

La caratteristica di quel tipo di “pianificazione territoriale” consisteva nel fatto che privati e pubblica amministrazione concordavano o più propriamente contrattavano certi tipi di interventi edilizi, non conformi ai Piani Regolatori, li autorizzavano e poi – dopo o contemporaneamente all'approvazione – adeguavano ad essi gli strumenti urbanistici.
Un'urbanistica alla rovescia che poi ha fatto scuola anche in Liguria. Per inciso ognuno può capire che tale prassi porta con sé il rischio di compromissioni illecite e del malaffare.
Non necessariamente ed ovunque, ma è evidente e concreto il pericolo di spalancare porte e cancelli alla speculazione immobiliare ed a fenomeni corruttivi. Soprattutto quando si moltiplica l'indice di edificabilità per gli interventi che si vogliono approvare (come pare essere in questo caso).

Speriamo che nessuno voglia trincerarsi dietro la foglia di fico della Legge Regionale citata, avendo già detto in quale contesto culturale quella legge si colloca. Gli urbanisti a volte ricorrono alla metafora dell'insetticida: utile per disinfestare la cantina dagli scarafaggi, criminale se aggiunto al caffè della suocera.

Non v'è nessun obbligo di legge, né alcun automatismo per approvare in Consiglio Comunale quel progetto e lo snaturamento che esso comporta. Si può e si deve rifiutarlo inducendo così un più cauto e riflessivo ripensamento della qualità e quantità volumetrica del progetto.
Sarebbe invece assai grave approvare il tutto, così com'è, in Consiglio col rito ambrosiano assieme alla correlata variante (ad hoc) del PUC vigente.


ARTICOLO 1 della SPEZIA

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