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“Chiarire il futuro dell’Arsenale. Solo così La Spezia potrà definire il proprio futuro” In evidenza

di Umberto Costamagna - Il futuro adesso n. 3. Sul dibattito sulla città che verrà interviene Enzo Papi (ex Confindustria).

Enzo Papi, 73 anni, è una personalità forte dell’economia spezzina, avendo ricoperto per due mandati la carica di Presidente di Confindustria (dal marzo 2008 al settembre 2011) e dal 1995 socio del gruppo Termomeccanica, recuperata positivamente dalla crisi delle partecipazioni statali e trasformata in azienda di successo operante sul mercato mondiale.

Storico e produttore di vini di qualità per passione, Papi da qualche tempo ha preso un po’ di distanza dal dibattito cittadino, pur rimanendo sempre alla guida del gruppo che ha portato all’attuale fatturato di oltre 200 milioni di euro e circa 700 dipendenti. Ma rimane sempre un osservatore attento della realtà economica non solo locale.

GdS. Il prossimo 28 agosto saranno passati 151 anni da quando il generale e architetto Domenico Chiodo inaugurò l’Arsenale Militare della nostra città. Da quel giorno cambiò radicalmente la natura e il destino di Spezia e degli spezzini. Quella che sembrava destinata a diventare una “splendida perla sul mar”, una città turistica e a vocazione terziaria, si trasformò prima in una città militare, basata sul parastato e successivamente in una città industriale legata alla difesa.

Poi, negli anni Sessanta del secolo scorso, in maniera quasi casuale, si ricominciò piano piano a riconsiderare la natura turistica della nostra terra. Il risultato oggi? Una città “mes-ciua” dove si mischiano panorami mozzafiato e oasi di una bellezza straordinaria agli insediamenti industriali e portuali, dove le attività cantieristiche di eccellenza hanno fatto fatica a conquistarsi un giusto spazio. Insomma, ma che razza di città è oggi Spezia e la sua provincia?

Papi. La Spezia ha una storia troppo recente per aver maturato una personalità. L'Arsenale lo hanno fatto i piemontesi, le fabbriche i capitalisti genovesi da prima e lo Stato dopo la crisi del ‘29. Infine, la cultura operaistica, maturata nel più bel golfo del Mar Ligure, ha accettato nel dopoguerra lo strazio del paesaggio con insediamenti invasivi come raffinerie e grandi centrali elettriche oltre alle industrie già presenti. Una grande città industriale, costruita intorno a un porto militare, nel cuore di un golfo stupendo di cui Lerici e Porto Venere testimoniano tuttora la bellezza di un tempo.

Il declino dell'arsenale, la crisi o il ridimensionamento di alcune importanti realtà industriali, hanno posto, da almeno un ventennio, la questione della sua identità e del suo futuro. In questa incertezza sono andate perse occasioni importanti come la formazione di un polo ecologico da far nascere intorno alla aggregazione tra Acam e Termomeccanica Ecologia o il recupero di una vocazione turistica smarrita nelle lunghe e inconcludenti discussioni sul progetto del water front.

Il declino del Paese ha reso oggi più difficile definire progetti e vocazione su cui indirizzare la città che vede sfumare in crescenti difficoltà i pur nebulosi e precari progetti su cui continua a discutere.

Gds. Se questo è il passato, la storia anche recente, quale futuro si immagina per Spezia? Che città potrà diventare?

P. Oggi occorrono scelte ancor più coraggiose se si vuole non lasciare che la nave vada dove la porta il vento. Occorre che si chiarisca realmente il ruolo e il futuro dell'Arsenale. Uno spazio immenso che deve essere riappropriato al disegno della città futura.

Solo dopo questo chiarimento si potrà decidere dove insediare il futuro industriale e quello turistico della Città. Due vocazioni che oggi si intersecano sul territorio, penalizzandole ambedue. Due vocazioni in parte da costruire o da consolidare ma che stanno nella storia della città e che devono poter convivere senza danneggiarsi a vicenda. Se non si chiarisce questa questione di fondo non resta che discutere dei giardini, del ponte sulla passeggiata Morin, del terminal crociere, dei terreni Enel e di quant'altro servirà a migliorare, ma non a progettare la vocazione e il futuro della città.

Qui i link ai precedenti interventi de “Il Futuro Adesso”:

N. 1. Intervista a Filippo Lubrano
N. 2. Intervista a Lara Ghiglione 

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