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Vertenza OSS, la costituzione di una azienda in-house può essere la soluzione? In evidenza

In altre regioni italiane si è proceduto in questo modo.

Quello che nella vita non ti aspetteresti mai è che dopo aver lavorato duramente, spesso in condizioni estreme, come nel caso delle nostre Operatrici socio sanitarie spezzine, qualcuno nell’apprezzabile tentativo di darti un diritto che avresti dovuto avere da sempre, ovvero quello di essere un dipendente dell’ente per il quale lavori e non un “lavoratore in affitto” quali sono in realtà quelli delle cooperative a cui vengono concessi appalti a tempo determinato, finisce per crearti invece un danno immenso e probabilmente irreparabile.

E’ quello che sta accadendo a 158 lavoratrici e lavoratori operanti nel campo della sanità che per essere “internalizzate” e quindi assunte direttamente dalla asl 5 presso la quale prestano servizio dovrebbero passare sotto le forche caudine di un concorso pubblico. Dunque un concorso al quale potranno partecipare anche altri soggetti interessati ad occupare quel posto.
Non solo quindi dover riprendere a studiare, magari a sessant’anni e dopo magari dieci ore di duro lavoro, ma dover competere in un concorso pubblico per poter “salvare” (obbiettivamente con poche speranze) il loro lavoro. Quello che svolgono da anni con innegabile professionalità ed esperienza evidentemente maturata sul campo.

Una autentica ingiustizia compiuta, mi verrebbe da dire, per fare giustizia.
L’ASL5 infatti presenta, rispetto alle altre delle Liguria una situazione anomala.
L'Azienda sanitaria della Spezia è l'unica ad avere nel lontano 2001 completamente esternalizzato il personale sociosanitario. Una mossa scellerata messa in campo da chi era al governò della regione all’epoca.
Un errore che va sanato per ottenere un risparmio economico notevole oltre che una gestione organizzativa più efficiente.

Tuttavia questo errore non lo si può sanare facendolo scontare ai lavoratori che da anni operano, peraltro spesso in condizioni di assoluta precarietà (si pensi a ogni scadenza dell’appalto) e con tutte le criticità dovute alla mancanza di mezzi e personale, che purtroppo la sanità presenta.
Brevemente: se per internalizzare un servizio si pensa di utilizzare, come pare, un concorso pubblico, si corre il rischio (eufemismo per non dire certezza) di lasciare a casa decine e decine di lavoratori, molti dei quali difficilmente ricollocabili.
In un concorso, infatti, non è possibile inserire clausole stringenti che tutelino tutti i 158 operatori sociosanitari attualmente in forza a Coopservice .

Esiste una alternativa al Concorso pubblico. Parrebbe di si.
Da tempo, e l’ipotesi è stata ventilata anche nella commissione comunale tenutasi ieri sera a palazzo civico sotto la presidenza di Maria Grazia Frija, in molti stanno ipotizzando un piano B sul quale inviterei davvero tutti a riflettere e chi ne ha la possibilità a prodigarsi.
Quello della costituzione di una azienda in-house, a capitale totalmente pubblico.

Ad essa si potrebbe affidare direttamente l'appalto oggi in carico a Coopservice, e ciò permetterebbe non certo di assumere direttamente il personale ma di applicare la clausola sociale per salvaguardare l'occupazione garantendo di fatto a tutti i 158 lavoratori interessati il loro posto di lavoro.
Tra l’altro in questo modo già con il risparmio sull’Iva, la Regione sarebbe parecchio sgravata in termini economici, realizzando in parte quella ottimizzazione dei costi che sono alla base del procedimento.

Soluzioni analoghe a questa sono già state messe in campo con successo in altre regioni italiane e in tutti questi casi tutti i ricorsi intentati hanno avuto un esito positivo per le amministrazioni regionali.
Dunque perché non provarci.

Desidero in chiusura ringraziare tutte le sigle sindacali che in una vicenda difficile come questa stanno svolgendo un gran lavoro per portare a casa il miglior risultato possibile nella scrittura del bando di concorso ma credo, e in commissione l’ho espresso chiaramente, si debba battere con convinzione anche questa strada alternativa.

L’obiettivo per tutti, infatti, deve essere quello di mantenere in attività tutti i 158 lavoratori del comparto.

Chiedo a tale proposito pubblicamente al Consigliere regionale Francesco Battistini che so essersi occupato assiduamente della vicenda, di promuovere in regione un nuovo incontro con l’assessore alla sanità Viale nel quale fare intervenire una delegazione dei lavoratori interessati dal provvedimento e al quale inviterei a partecipare anche una delegazione di consiglieri comunali spezzini visto che ieri in commissione molti di loro, al di là di ogni colorazione politica, si sono dimostrati molto vicini al problema.

L’obiettivo per tutti è che questa vicenda, unica in Liguria, si possa concludere positivamente perché in questo difficile momento per il paese, anche un solo posto di lavoro deve essere considerato importante e irrinunciabile.


Massimo Baldino Caratozzolo
Consigliere comunale

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