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Luca Erba resta nel PD: "Cambiare noi stessi per cambiare il paese" In evidenza

"Siamo di fronte ad una fase cruciale per le sorti del paese e per il futuro del campo del centro-sinistra".

 

Aver costretto Salvini, quota parte grazie anche al suo involontario aiuto, a scendere dallo scranno, e aver costruito un’alternativa di governo con una maggioranza politica in parlamento, apre per forza di cose una nuova stagione politica. Un nuovo corso che ci deve vedere preparati. Un passaggio politico necessario ma non sufficiente. Abbiamo una battaglia complessa da affrontare e non possiamo pensare che un nuovo governo sia l’unica risposta da dover dare. Aver divaricato il Movimento Cinque Stelle e la Lega è il passaggio storico più importante degli ultimi anni. Come è stato possibile? È questa la domanda più importante alla quale, per poter dare risposta, bisogna fare lo sforzo di fotografare la società con cui siamo costretti a confrontarci. Viviamo in un paese a due velocità. Due binari lontani che hanno lasciato lo spazio a parole d’ordine che non avevamo mai ascoltato. In quella distanza tra i binari si gioca la vera sfida. Una sfida culturale profonda per costruire un fronte alternativo alla furia iconoclasta del nazionalismo più oscuro.

Al radicalismo di questi mesi bisogna rispondere con proposte radicali. È il momento di un’apertura vera alla società, è il momento di costruire un rapporto diretto con i segmenti di società che aspettano un nostro segnale. Il politicismo non può essere la soluzione. La sommatoria elettorale non esiste, non è la calcolatrice lo strumento da cui cercare risposte. Contaminiamoci e cambiamo. Chi scrive comprende molto bene le differenze di linguaggio (e anche di contenuto) che oggi esistono con il M5S, ma la delicatezza di questo passaggio storico impone a tutti noi lo sforzo di cogliere sino in fondo gli elementi di convergenza con un pezzo di società reale che ancora oggi ci guarda con sospetto, con rabbia e delusione. Il faro della giustizia sociale non è un artificio retorico, rappresenta realmente la benzina nel serbatoio di questo governo. Difendere chi sta male salvaguardando le fasce di paese che oggi sono fuori dal perimetro del disagio e della povertà è possibile ed è obbligatorio se vogliamo essere forza di governo credibile per tutti i settori che animano e compongono la società. Una battaglia di giustizia e libertà per un paese che aspetta delle risposte: la disperazione si combatte con la concretezza dell’azione politica, solo così Salvini cesserà di rappresentare un’offerta politica credibile. La ricerca di un equilibrio è l’unica via da intraprendere se vogliamo ricucire e curare le lacerazioni di un paese stanco. Oggi più che mai c’è la necessità della ricerca di un equilibrio tra iniziativa privata e intervento statale, una sorta di compromesso con la nuova faccia del capitalismo (finanzcapitalismo) e lo Stato. Un forte intervento del pubblico per stimolare la domanda, per usare le parole d’ordine di Keyenes, ridistribuire il reddito. Come? Attraverso le opere pubbliche, una tassazione progressiva, uno stato sociale che costruisca per tutti uno spazio in grado di garantire i diritti fondamentali. Senza giustizia sociale non c’è libertà.

Sono più di trent’anni che abbiamo lasciato sul tavolo questi nodi senza affrontarli di petto, è arrivato il momento di rimbeccarsi le maniche perché questo giro di boa segnerà lo spartiacque per i prossimi decenni. Sbagliare la manovra ci condannerebbe alla sconfitta culturale: perdere la rotta è un lusso che non ci possiamo permettere. Non credo nella società degli individui ma guardo ad un corpo unico da preservare in ogni suo aspetto. Solo così si può costruire un meccanismo di salvaguardia e di tenuta rispetto a quelle che sono le semplificazioni di questa stagione. Per questa ragione, proprio perché guardo ad un modello di società preciso, non posso credere che la soluzione alle sfide del nostro tempo siano i partiti personali. Su questo punto però non possiamo fare le vergini. Il mio Partito, il Partito Democratico, nasce con la personalizzazione. Non possiamo non ricordare il nome dei nostri leader sotto il simbolo di un collettivo, una contraddizione in termini che alla lunga ha causato un cortocircuito. Dicevo, cambiare noi stessi.. Un passaggio necessario che implica uno sforzo vero per capire cosa siamo stati e quante volte anche noi abbiamo cercato la scorciatoia per rispondere alla complessità dei problemi. Anche noi, se siamo intellettualmente onesti, a vari livelli con diversi gradi di responsabilità, abbiamo cercato la risposta semplice e veloce nel capo. Abbiamo preso per buona la soluzione del leader che avrebbe messo tutto a posto. Con vari livelli di convinzione e responsabilità è stato così.

Il populismo gridato sopra di noi e il populismo dentro di noi. Dalla consapevolezza degli errori fatti e di ciò che anche noi abbiamo rappresentato riparte la costruzione di un nuovo corso politico. È il momento di immaginare delle risposte collegiali, un momento di apertura forte e radicale verso i mondi che gridano il dolore della sofferenza. Il PD non può più essere quello che abbiamo conosciuto in questi anni. Credo in una stagione costituente che metta in salvo i nostri tratti identitari (il nome e il simbolo) e che apra una fase fondata sulla chiarezza della proposta politica che dia a tutti noi la credibilità di poter traguardare quegli obiettivi primari per costruire la società che immaginiamo.

Ecco perché oggi più che mai c’è bisogno di questo sforzo. Questa fase apre scenari tutti inesplorati che devono farci cogliere la grande opportunità che abbiamo davanti. Siamo tornati al centro dell’azione politica e siamo ritornati funzionali alla costruzione di un fronte alternativo. Aver trovato un terreno comune con forze politiche come LEU e il Movimento Cinque Stelle è condizione pre-politica alla risposta che dobbiamo saper mettere in campo.

In Liguria, così come in altre parti d’Italia, la partita è aperta. Dobbiamo evitare la logica del Fantacalcio-Politico, i termini di selezione delle nostre alleanze devono passare attraverso una coerenza di visione, le questioni personali lasciamocele alle spalle. La simpatia o l’antipatia non sono categorie politiche e devono continuare a non esserle. Abbiamo un’idea di società, quello è il terreno su cui misurarsi. Se quello che dico ha una forma di coerenza politica, vorrei applicarla al dibattito di questi giorni. Renzi esce dal PD e lo fa decidendo di costruire un soggetto politico nuovo. Dal suo punto di vista c’è in questo passaggio una forma di coerenza, una lettura di questa fase politica che però non può appartenere al PD viste le premesse che ho cercato di argomentare. C’è un popolo che ha deciso di non seguire Renzi, io compreso, e non lo ha fatto non perché Renzi sia antipatico o perché alle feste de L’Unità si possa ancora cantare bandiera rossa, non posso pensare che queste siano argomentazioni politiche, non scherziamo!

C’è un popolo che non lo ha seguito perché pensa che l’alternativa a questa stagione di rabbia si costruisca con altri strumenti e con un cambio di rotta radicale. Non è indice di lungimiranza politica incentrare tutto il nostro dibattito sul gesto di Renzi, non è questo il dibattito da affrontare adesso. È necessario passare velocemente oltre. Lo sforzo che deve trovare impegnati tutti noi sarà quello, coerentemente con il lavoro da fare con tutte le forze politiche alternative alla nuova destra italiana, di cercare pezzi di terreno comune su cui costruire alleanze e proposte da lanciare sui territori. La Liguria è da diverso tempo un laboratorio politico della nuova destra, non possiamo pensare di stare a guardare. La riscossa del paese parte da noi e parte anche dalla Liguria. Le opere infrastrutturali, l’idea di sviluppo, di impresa, il problema ambientale legato alla fragilità orografica del nostro territorio, le politiche di sviluppo legate ai servizi e al tema del terziario in cui troviamo la sfida del turismo che vogliamo e il collegamento tra i nostri porti..

Sono questi gli argomenti di confronto con le forze politiche che condividono i nostri valori fondamentali. Siamo l’alternativa ad un’idea di paese che rischia di diventare egemone. Concentriamo i nostri sforzi su questo, la destra non è ancora stata sconfitta. Il PD è un grande partito che dovrà dimostrare di essere all’altezza della sfida di questo tempo. Il PD è la forza politica che ho contribuito, insieme a tanti appassionati militanti, a fondare. Oggi più che mai c’è l’esigenza di tenere i piedi per terra sapendo che la sfida davanti a noi è complessa. Ognuno di noi, nei luoghi di lavoro, di formazione, di ritrovo, nelle scuole e nelle istituzioni è chiamato a svolgere quella funzione di confronto e impegno di cui, oggi più che mai, si sente la necessità. Apriamo una nuova stagione di adesione al nostro progetto, apriamo le nostre sedi. Torniamo a fare politica. Ognuno di noi sarà importante e potrà svolgere un compito prezioso, rimbocchiamoci le maniche".

Luca Erba

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