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Legge sul gioco, nuovo rinvio in Liguria In evidenza

Comuni e Regioni si stanno muovendo in modo autonomo.

Al compimento di un anno dell’accordo raggiunto in Conferenza Unificata, che avrebbe – nelle intenzioni dei proponenti e firmatari – dovuto allineare tutte le regioni della Penisola sul tema del gioco, andando in particolar modo a regolamentare e controllare dimensioni e qualità, tutelando livelli occupazionali e la sicurezza di un comparto in cui la criminalità ha parzialmente proliferato, l’impressione è che purtroppo molto rimanga da fare per poter destinare i giusti sforzi in tale ambito.

Il perché è facilmente riscontrabile: le Regioni e i Comuni si stanno muovendo in modo autonomo su una materia piuttosto complessa, con la conseguenza di favorire la generazione di un nocivo caos normativo, i cui effetti continuano a farsi sentire sul settore del gioco lecito. A riprova di ciò, sia sufficiente dare uno sguardo al modo con cui gran parte degli enti locali si sia mosso in modo indipendente, trovando soluzioni sempre più varie e non sempre particolarmente efficaci (sia sufficiente rammentare l’applicazione del c.d. “distanziometro”).

È dunque immediato immaginare che un simile contesto di scarsa chiarezza e omogeneità abbia finito con il favorire ulteriormente il ricorso alle piattaforme digitali, piuttosto che “fisiche”, come ad esempio le scommesse NetBet o le altre forme di entertainment ludico disponibili a portata di clic.

Tornando sul panorama regionale, in Liguria è rimandata a data da definirsi l’applicazione del provvedimento di legge che limita il gioco, mentre in Puglia le indiscrezioni di giunta sembrano favorire un no definitivo al gioco, salvo ripensamenti: il 31 dicembre 2018 scade infatti il termine quinquennale per le vecchie autorizzazioni.

Ad ogni modo, in questo contesto c’è anche chi si è mosso con relativa prontezza. La Lombardia è ad esempio stata tra le prime regioni che – con la propria legge regionale risalente all’ottobre di cinque anni fa – ha emanato specifiche disposizioni finalizzate a prevenire e contrastare ogni forma di dipendenza dal gioco d’azzardo patologico. Di distanziometro (cioè, del provvedimento che disciplina le distanze delle apparecchiature da gioco da alcuni punti “sensibili” nel perimetro cittadino) si è parlato e legiferato anche in Piemonte, dove le nuove norme di restrizione sul gioco sono entrate in vigore solamente a novembre dello scorso anno, prevedendo che gli esercizi pubblici in cui sono presenti degli apparecchi per il gioco debbano rispettare una distanza di 300 metri dai luoghi sensibili nei piccoli Comuni, e 500 metri dai luoghi sensibili nei Comuni con oltre 5.000 abitanti.

Linea piuttosto dura anche in Emilia Romagna, dove dal giugno del 2017 è diventato pienamente operativo il provvedimento con il quale si pone un divieto netto all’apertura e all’esercizio di sale da gioco e sale scommesse, oltre alla nuova installazione di apparecchi da gioco entro i 500 metri dai luoghi ritenuti sensibili: un divieto che, peraltro, si applica non solamente all’apertura delle nuove sale, quanto anche a quelle già esistenti.

In dirittura d’arrivo anche il percorso di legge di altre regioni. L’Abruzzo, ad esempio, dovrà scegliere cosa fare entro il prossimo 21 novembre, data nella quale scadranno le autorizzazioni relative a sale giochi e sale slot nei locali pubblici non in linea con la legge 40/2013. In Abruzzo dovrebbero dunque essere vietate anche le nuove aperture entro 300 metri dai luoghi sensibili, mentre le attuali autorizzazioni decadranno entro 5 anni dall’entrata in vigore della legge.

Insomma, un quadro frammentato ma generalmente orientato verso una forte restrizione del gioco su sale fisiche. Un assist importante per la migrazione (definitiva?) delle attenzioni ludiche nei confronti delle piattaforme digitali, la cui strada di crescita (già consolidata) potrebbe essere ulteriormente condotta in accelerazione proprio grazie alle nuove ondate normative in corso di applicazione.

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