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Artigianato alla Spezia: quando l’arte è donna In evidenza

di Doris Fresco- Tania, Cecilia e Sara, Federica e Luisa, donne e artigiane della provincia ci raccontano le loro storie e i loro progetti.


Quando mani, impegno, creatività e ingegno si incontrano prendono vita prodotti unici, opere che sono sogni concretizzati, nel dialogo tra l’artigiano e il destinatario. C’è poi un sottoinsieme, un mondo tutto da scoprire, in questo universo: l’artigianato femminile, dove ogni storia ha un tocco in più.
Secondo i dati forniti da Confartigianato in Liguria nel mondo ‘rosa’ dell’imprenditoria le titolari artigiane hanno retto bene gli anni di crisi e le imprenditrici artigiane rappresentano il 20,9% degli imprenditori artigiani italiani, in un contesto europeo che vede le donne italiane le più attive.
Secondo l’analisi di Confartigianato: “Giovani, donne e stranieri puntano sull’imprenditoria, forse anche per superare le difficoltà nel trovare un’occupazione stabile. L’impegno profuso e la campagna fortemente sostenuta e promossa dal sistema camerale a favore della nascita di nuove imprese, accompagnata da un’adeguata formazione rivolta ai neo imprenditori, comincia a dare i suoi frutti- si legge nel rapporto sulla dinamica delle imprese giovanili, femminili e straniere in Liguria nel 2017 di Unioncamere- nel 2017 il saldo tra iscrizioni e cessazioni risulta positivo e in aumento rispetto al 2016, in particolare per le imprese femminili che, dopo 5 anni, sono tornate a crescere”.

Le donne imprenditrici sono per lo più attive nel mondo del commercio, nei servizi di alloggio e ristorazione, ma sono molte le donne attive nel settore manifatturiero, anche se per molte questa non è- o non è ancora- la prima attività, scegliendo questa attività come seconda entrata.
Abbiamo ascoltato le storie di quattro progetti, diversi tra loro come sono diverse queste donne, per poter fornire un quadro più completo possibile di questo affascinante mondo. Alcune artigiane sono all’inizio del loro percorso, altre sono imprenditrice affermate, con una solida attività alle spalle, ma tutti questi progetti ci hanno affascinato. Essere artigiane oggi vuol dire cercare il compromesso tra la giusta valutazione del proprio prodotto e le esigenze del commercio che è oggi.

Ci vuole molta sensibilità per essere artigiani, per creare con le proprie mani, ma serve sensibilità anche da parte del cliente, che riscopre il valore vero del manufatto, come avveniva nel passato, quando, per forza di cose, dovevi affidarti alla maestria dell’artigiano sotto casa, che ti creava l’abito, il gioiello, la borsa o il cappello.

LE PIERINE – Un baule dal quale emerge la passione per la moda d’altri tempi

sara cecilia

Sono Sara e Cecilia, due giovani donne legate all’estetica del passato e con uno stile definito, che creano abiti su misura nel loro atelier al Centro Culturale Dialma Ruggiero. La loro storia come “Pierine” nasce da un’amicizia, ma ancor prima dalla passione per gli abiti ed ora la loro produzione, per donne di ogni età (anche bambine), va dalle gonne, abiti, cappotti e camicie, ma dall’incontro con la cliente può nascere qualunque cosa, sempre tenendo presente il senso estetico definito che rende le loro creazioni riconoscibili.

“Ci siamo conosciute perché, insieme alla compagnia teatrale di cui faccio parte, avevamo bisogno di alcuni abiti di scena e Sara era molto conosciuta per questo- racconta Cecilia- da qui è nata una stretta amicizia e abbiamo capito che il nostro senso estetico era comune: a me sono sempre piaciute le cose vintage e avevo alcune stoffe che ho consegnato a Sara per creare alcuni abiti per me e abbiamo iniziato a sognare di avviare un progetto insieme, però Sara doveva rientrare a Parigi, dove viveva e lavorava. L’anno dopo sono andata su a trovarla, e abbiamo ripreso l’argomento...”
Sara racconta: “Io avevo intenzione di rientrare in Italia, perché il lavoro che facevo lì non mi convinceva fino in fondo e avevo comunque voglia di un cambiamento, abbiamo così deciso di impegnarci. Già a Parigi abbiamo iniziato a cercare le prime stoffe”. Le Pierine è un ricordo del passato, di vecchi bauli contenti magie, stoffe e incanto, un richiamo al senso estetico che le accomuna: “Un nome nato per caso, guardando una foto. Una ricerca del passato, un ritorno alla gonna, alla femminilità anni ’40-’50. La nostra clientela sa cosa abbiamo in mente e ci troviamo sempre molto in sintonia. Ovviamente noi ci mettiamo del nostro rileggendo la moda di quegli anni con alcuni accenni di modernità, rendendo gli abiti particolari, unici, ma indossabili anche oggi”.

Il loro lavoro è ricerca continua e cura dei dettagli: “Ci piace cercare le stoffe e amiamo particolarmente la Francia, dove riusciamo sempre a trovare la particolarità che cerchiamo. Viaggiando, non perdiamo mai l’occasione di cercare qualcosa. L’idea base parte del modello: ne abbiamo una serie che abbiamo creato, a quel punto studiamo gli abbinamenti con le stoffe. Molte volte compriamo la stoffa e la lasciamo lì, sapendo che prima o poi ci potrà tornare utile. Nei mercatini e nei negozi di antiquariato cerchiamo i ricami, i bottoni, le stoffe vintage giuste per noi, che hanno una qualità decisamente superiore rispetto a quelle moderne. Nella merceria e moda la materia prima si è dequalificata, non in tutto, però la globalizzazione ha portato a questo ed affidarsi ai materiali vecchi significa la consapevolezza che la qualità sarà migliore”. Abiti unici, fatti su misura incontrando e dialogando più volte con la cliente: “Le stoffe che compriamo sono per un unico abito: se è vero che il modello può tornare, l’abbinamento tra stoffe e modello sarà sempre la garanzia che il tuo abito sarà solo tuo e che noi lo avremo creato pensando a te. Non vogliamo essere di moda, ma credere nei nostri valori, nell’unicità del nostro lavoro”.
Con Cecilia e Sara abbiamo parlato anche di etica, aspetto fondamentale nel settore manifatturiero: “Comprare qualcosa fatto apposta per te significa conoscere chi lo ha creato, caratteristica impossibile da ritrovare nel mondo dell’industria in serie, compiendo un ragionamento su quello che vuoi, quello che cerchi, anche per esprimere la propria personalità, imparando a valorizzare la propria unicità e dando un valore concreto al prodotto, ma anche ai tuoi soldi: a volte vale davvero la pena non avere dieci abiti che userai cinque mesi per poi buttarli, ma averne un paio, che sono solo tuoi e che sicuramente ti dureranno molto di più”.

MYLITTLEDUCHI- Lasciarsi riscaldare dall’amore della famiglia

tania

Tania è giovane, dinamica e colorata, così come sono le sue borse. Per lei l’artigianato non è ancora l’occupazione che ‘la fa arrivare a fine mese’, ma il suo sogno è chiaro, tanto quanto lo è la sua determinazione.
“La mia mamma mi ha trasmesso l’amore per il cucito. Lei fa abiti, ma io ho capito subito che avevo bisogno di dedicarmi a tipologie di prodotti che non necessitano di un lavoro così lungo, perché mi piace vedere il risultato concluso in poco tempo. Dunque ho deciso di indirizzarmi verso l’oggettistica e al cucito creativo. Ho poi capito che dovevo concentrarmi su qualcosa in particolare e specializzarmi e da un anno a questa parte ho preso la direzione delle borse e accessori. È un settore abbastanza difficile, perché ci sono davvero tantissimi creativi e io volevo diversificarmi e trovare qualcosa che fosse solo mio. Ho trovato una signora che commercia stoffe, con sede nel nord Italia. Lei ha stoffe pregiate tutte made in Italy. La stoffa Gobelin che è quella che utilizzo maggiormente adesso, è molto apprezzata e mi sta dando molte soddisfazioni, perché è molto resistente e versatile”. Un tratto distintivo molto particolare, che rende le sue borse uniche, ma adatte ad ogni stile ed ogni occasione: “Abbinando questa stoffa con il modello giusto, con la fantasia giusta e con gli accessori giusti, in cotone o in pelle, ad esempio, ho potuto far apprezzare i miei lavori ad ogni tipologia di ragazza, che sia sportiva o più elegante”.

Tania lavora su ordinazione: “Vorrei partecipare a qualche mercatino, ma ancora non ho iniziato, perché ci sarebbe bisogno di borse finite da vendere e per adesso ho la fortuna di vendere ogni borsa che creo. C’è chi vede le mie creazioni sui social, su cui sono molto attiva, e mi contatta per avere i prodotti così come li vedono, molti altri hanno esigenze più specifiche e io mi impegno sempre per assecondare le richieste. Io propongo una serie di modelli  (per adesso quelli più rischiesti sono tre in tutto, che si sviluppano in larghezza o in altezza, con dimensioni e forme diverse, ma sono sempre alla ricerca di novità), scelto quello, tra questi tre, gli abbinamenti tra stoffa esterna, fodera, manici, e ganci sono assolutamente infiniti, garantendo l’unicità della borsa. Io garantisco sulla qualità della materia prima, che compro con la massima cura e con la massima serietà”.
L’amore di Tania per quello che fa è palpabile: “Quello che mi interessa è il calore che solo i ricordi dell’infanzia, della casa della nonna, possono dare. L’artigianato per me è questo, in tutto, che sia una borsa o un manufatto in legno: il valore inqualificabile di avere un oggetto unico, fatto a mano”.

Rispetto alle altre artigiane intervistate Tania è molto ‘social’ ed è possibile conoscerla soprattutto tramite internet: “Vengo contattata tramite messaggi su instagram o su facebook, il prossimo passo sarà magari avere un sito per la vendita. Mi piace il contatto diretto sui social e anche il lavoro di promozione, possibilità che ti dà il mondo social. So che forse il marchio che ho scelto non è il miglior modo possibile in logica di marketing, come mi è stato spiegato ad alcuni corsi che ho frequentato, ma io volevo qualcosa che mi ricordasse il mio passato e le mie passioni. Infondo, ho scoperto che questo mio atteggiamento, di mostrarmi vera e sincera proponendo le mie borse, è un atteggiamento che funziona e per me adesso è più bello avere nel mio marchio il nome della mia gatta, che non pensare a qualcosa in logica di marketing. Credo che le persone si accorgano della passione e del sentimento che metto nelle creazioni fatte a mano e nel mondo dell’artigianato questo conta molto, proprio per la sensibilità che appartiene a chi crea e a chi sceglie prodotti fatti a mano”.

CREAZIONI ORAFE ANTONELLI- Quando la passione brilla più di un diamante

luisa antonelli

Luisa, con i suoi 17 anni di attività (oltre ai tre di scuola internazionale dell'arte dei metalli frequentata a Firenze) è eccellenza riconosciuta nel mondo dell’artigianato, tanto da essere stata invitata alla fiera MidEast Jewellery & Show, che si svolge a Dubai, Sharjah, Emirati Arabi Uniti il prossimo anno, insieme a solamente altri 28 imprenditori italiani. I suoi gioielli sono interamente fatti a mano seguendo tecniche antiche dello sbalzo, cesello e incisione, abbinando l’oro a pietre preziose.
“L’artigianato per me è una passione- racconta Luisa- non posso proprio definirlo un lavoro: è creatività, amore, competenza e voglia di espressione. Questo lavoro mi appaga e mi dà la possibilità di vedere un lato molto bello della vita: la persona che entra qui e mi chiede un gioiello si sta facendo un regalo, vederla felice è il mio scopo e mi rende davvero soddisfatta. Sono contenta delle scelte che ho fatto, della scuola di formazione che ho frequentato, quindi, grazie anche all’artigianato, posso definirmi una donna e imprenditrice realizzata”.
Le creazioni di Luisa sono fatte interamente a mano: “La maggior parte dei gioielli che escono dal mio negozio sono fatti insieme al cliente, che magari mi porta la pietra o l’oro vecchio; la mia vetrina è l’esposizione del mio lavoro, per far vedere cosa produco e come lavoro, ma di solito ogni gioiello che creo è venduto. Dovendo venire qui in varie fasi, durante la lavorazione, nascono poi dei rapporti umani molto belli, altro aspetto del mio lavoro che mi dà gioia.

Il mio obiettivo è creare il miglior gioiello possibile, valorizzando la pietra e l’oro, dunque non mi pongo limiti e non mi sforzo mai, ma lascio che sia la creatività a prendermi, aspettando l’ispirazione giusta. Nel mio lavoro poi non conta la preziosità della pietra, nel senso che esistono gioielli bellissimi che magari non hanno un diamante, anche se ovviamente questo dà un valore aggiunto indefinibile”.
Un settore difficile, considerato l’investimento iniziale che questa attività esige: “I costi elevati delle materie prime, dei macchinari o il solo costo della scuola di formazione è sicuramente molto oneroso, ma sono molto orgogliosa di quella che è la mia attività; ho sempre voluto fare questo nella vita, già da molto giovane e con determinazione e tenacia sono riuscita a pormi gli obiettivi giusti per me. Fare tutto a mano è un altro mondo, mi hanno insegnato che la cosa più importante è indentificare il proprio gioiello distinguendosi dalla massa, rendendo unico e riconoscibile ogni singolo gioiello che faccio, che è parte della mia anima”.

Premiata dalla Regione con il marchio di qualità ‘Artigiani in Liguria’ e prossimamente riceverà un riconoscimento anche dall’amministrazione Cavarra, ora il suo obiettivo è l’estero: “Mi piacerebbe partecipare alla fiera di Dubai e sto valutando, visto che l’investimento per me non sarebbe indifferente, dovendo creare la collezione da presentare, il viaggio, l’interprete da avere affianco nello stand, ma è una sfida che mi piacerebbe accogliere, perché nella vita, come artigiana e come donna, c’è sempre bisogno di porsi nuovi traguardi. Sarebbe davvero un bel regalo per i miei 40 anni, provare anche questa esperienza della fiera estera, dove parteciperanno consumatori attenti e informati, insieme ad operatori eccellenza del settore”.
L’artigianato di eccellenza può essere anche valore da incentivare per l’intera città, come conferma Luisa: “Sarzana sta in effetti pensato ad un progetto di valorizzazione dell’artigianato locale di eccellenza, con un percorso studiato apposta e per questo ci sarà anche una cerimonia con consegna delle targhe e credo che potrebbe davvero essere una buona occasione per dare valore alla città”.
Conclude Luisa: “Il momento più bello, nel mio lavoro è quando consegno il gioiello finito ai clienti, perché vedo la soddisfazione nei loro occhi e so che la fiducia che hanno riposto in me è stata ripagata. Fiducia non solo perché mi stanno commissionando un lavoro, ma anche perché molti di loro mi affidano diamanti, oro e pietre che hanno un valore economico enorme, dunque devono sapere che riuscirò a valorizzarle e che sono una professionista”.

FABBRICAPREZIOSO- L'unicità dei dettagli che spinge le persone a muoversi e a scoprire 

federica

Federica fa cappelli e acconciature: quello che è iniziato come un hobby, passando per la ‘doppia vita’ facendo convivere il lavoro fisso e la seconda attività, è arrivato ad essere un atelier in via Vanicella, dove entrarci è fare un salto nel tempo.
Inizia così, Federica, a raccontarci il suo mondo: “Quasi tutti i mestieri legati all’artigianato iniziano come passione e poi diventano lavori. È un settore difficile sempre più di nicchia, in un mondo dove si è persa la capacità di riconoscere il prodotto di qualità e la materia prima migliore. È però un lavoro che non pesa e le ore che dedichi alle tue creazioni non sono mai pesanti e credo che questo sia un grande privilegio. Ci vuole tanto impegno, per andare oltre quello che è un hobby, anche perché i corsi a disposizione sono sempre meno e il tempo che serve per imparare è davvero tanto, ma secondo me ne vale la pena, vista la soddisfazione di creare qualcosa da zero con le proprie mani. Una volta era normale farsi fare, ad esempio, un vestito dalla sarta o un tavolo dal falegname, ma credo che ancora oggi, quello che conta (al di là che poi si scelga o meno il prodotto fatto a mano) sia il saper riconoscere la qualità che fa la differenza.

Serve una rieducazione al bello e alla qualità, poi ovviamente è una scelta e puoi decidere di fregartene, ma il consumo compulsivo di oggi fa perdere il senso della realtà e della qualità”.
Il mondo dei cappelli è affascinante e colorato e le creazioni di Federica sono variegate, come lo sono le tipologie di cliente: “Per quel che mi riguarda, ho sempre amato questo mondo, colleziono cappelli e sapevo che volevo imparare a farli, anche se trovare chi mi insegnasse non è stato semplice.
Una volta nessuno usciva di casa senza un cappello, oggi è un po’ più difficile, ma anche se non tutti stanno bene con tutti i cappelli, sicuramente esiste il cappello giusto per chiunque. Un’arte antica dunque, dove una volta le modiste avevano le proprie forme fatte in legno, scolpite dal falegname. Io parto dai modelli che ho e da questo inizio per fare gli abbinamenti: tiro fuori il materiale e lavoro al momento. Per le acconciature il processo è diverso, perché è tutta fantasia: io propongo e la persona che ho di fronte si fida di me, mi racconta chi è, cosa vorrebbe, per quale occasione ha bisogno di me, a quel punto offro la mia esperienza e la mia competenza”.

Sempre sul suo modo di lavorare Federica spiega: “Il momento più bello del mio lavoro è sicuramente la consegna, la gioia di sapere di aver fatto un bel lavoro, ma amo molto il momento della cura del dettaglio e dell’applicazione che farà la differenza rendendo unico un cappello”.
In questo difficile mondo, anche le politiche economiche dovrebbero essere più sensibili all'argomento: “Educando sia l’artigiano che le persone, si potrebbe davvero fare molto. Il lavoro non è solo produrre l’oggetto, ma anche sapersi promuovere, sapere valutare l’oggetto, che purtroppo è un aspetto difficile, ma che se fatto male può incidere anche sul lavoro degli altri: un artigiano che svaluta la propria produzione applicando dei prezzi troppo bassi, ad esempio, svaluterà anche il lavoro degli altri”.
Federica, che ha il suo atelier in centro città, parliamo anche del valore aggiunto che questo tipo di attività può dare alla città: “Credo che l’artigianato di qualità abbia uno forte componente attrattiva, che le amministrazioni locali non dovrebbero sottovalutare. Forse tra un negozio in franchising che trovo in centro o uno che è al centro commerciale, con possibilità di parcheggio, caldo d’inverno e fresco d’estate, scelgo di andare in quello che si trova al centro commerciale, un ragionamento che non si può applicare per chi cerca un prodotto unico, fatto su misura. Questo è un discorso generale, ovviamente, ma il principio credo sia molto valido”.

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