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Le donne di Fosdinovo e Castelnuovo protagoniste della Resistenza In evidenza

Il libro “Sebben che siamo donne. Resistenza al femminile in IV Zona Operativa, tra La Spezia e Lunigiana” è stato presentato al Museo delle Prade.

 

“Sebben che siamo donne. Resistenza al femminile in IV Zona Operativa, tra La Spezia e Lunigiana”, ha fatto tappa, dopo La Spezia, Lerici e Massa, al Museo Audiovisivo della Resistenza delle Prade di Fosdinovo.
Tanti i ricordi delle donne partigiane le cui testimonianze sono presenti nel Museo, e che per tanti anni, fino alla scomparsa, sono state protagoniste delle iniziative del Museo. Alessio Giannanti, di Archivi della Resistenza, e Giorgio Pagano hanno ricordato Vanda Bianchi, staffetta castelnovese, e Laura Seghettini, partigiana pontremolese con le armi: entrambe, hanno ricordato Giannanti e Pagano, riconobbero il ruolo decisivo delle donne contadine, della Resistenza civile e sociale.

Pagano si è soffermato in particolare sulle donne contadine delle colline di Fosdinovo e Castelnuovo, che sono tra le protagoniste del libro. Tra esse Fidalma Arfanotti di Canepari, presente in sala. Pagano ha citato Lido Galletto “Orti” e la sua testimonianza sul paese di Paghezzana di Fosdinovo quale esempio di simbiosi totale di civili e partigiani e di impegno corale delle donne. Un impegno che emerge in particolare nel momento più drammatico, epico, della Resistenza in val di Magra, il rastrellamento del 29 novembre 1944. Le donne affrontarono coraggiosamente i nazifascisti ricorrendo ai più svariati stratagemmi e alle tecniche di dissuasione tipiche della creatività di genere: dal fingersi affette da malattie infettive, come Aldemara Gianrossi di Caprognano di Fosdinovo, a cucinare per i nemici mantenendo la calma e fingendosi disinteressate della sorte di mariti e figli, come Maria Carlini di Castelnuovo; dal nascondere, sfamare e assistere i propri uomini fino a curare i corpi dei morti, a rischio della propria vita, come la castelnovese Gemma Tenerani, sorella di Rufinengo. Nessuna donna tradì: come ha sottolineato nei suoi ricordi Nella Lazzini di Caprognano, “la clandestinità senza spie funziona”.

Alessio Giannanti ha parlato, a proposito del libro, di “un dittico composto da due parti, quella dei ritratti e della ricerca di storia orale e quella della ricerca di archivio, con rimandi l’una all’altra” e ha evidenziato come emergano la “moralità della Resistenza” e il ruolo decisivo di tutte le donne, partigiane, staffette, contadine e deportate (nel libro ci sono anche i ritratti delle deportate Elvira e Dora Fidolfi, Bianca Paganini e Mirella Stanzione).

Mirabello ha parlato del percorso di riflessione e ricerca compiuto prima di partecipare alla stesura della seconda parte del libro, quella di archivio. Un percorso caratterizzato da un interesse e passione familiare (padre e madre partigiani), dall’aver insegnato fino alla pensione Storia e Filosofia ma anche e soprattutto dalla constatazione che, mentre le donne della Resistenza in IV Zona avevano cominciato, sebbene tardi, a parlare e continuavano a parlare di sé in forma autobiografica, magari a quattro mani con qualche angelo custode che raccoglieva le loro testimonianze, esse non erano state l’argomento centrale di un libro. C’erano insomma i fatti ma era del tutto latitante la narrazione corposa di essi.

Mirabello ha poi proseguito dicendo che, nel mentre registrava queste lacune, definibili anche, pensando alle complesse questioni della storiografia di genere, come vere e proprie amnesie della storiografia, accumulava, lavorando sull’Archivio dell’ISR spezzino, dati quantitativi e riflessioni ricavabili dalle carte vere e proprie e dalle fotografie, rispetto ai rapporti uomini-donne nella Resistenza locale.
Ha concluso osservando che il percorso compiuto l’ha confermata nell’idea che lo sguardo con cui dobbiamo affrontare la Resistenza, e nell’ambito di essa quella femminile, deve essere molto attento alle sfumature, ai contesti e all’epoca, senza pretendere di applicare necessariamente a più di settant’anni fa le lenti di cui disponiamo oggi. Le lenti ci possono aiutare ma, mentre per lungo tempo sulla Resistenza è pesato un pre-giudizio maschilista che ha privilegiato la Resistenza in armi, oggi non possiamo nemmeno rovesciarne del tutto l’ottica, ottica che va corretta e riequilibrata con lo studio ad esempio della Resistenza al femminile, molto variegata e plurale insomma, come è stata la Resistenza in generale e quella delle donne specificamente.

(Foto: Enrico Amici)

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