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Nanotecnologie: Cape Canaveral chiama Monterosso. Intervista allo scienziato spezzino Gianni Ciofani In evidenza

di Nicola Carozza - A Cape Canaveral quest'estate si parlava anche "monterossino" durante gli esperimenti della Nasa in collegamento con l'astronauta Paolo Nespoli sulla stazione spaziale, merito del brillante scienziato spezzino Gianni Ciofani chiamato a seguire importanti esperimenti in Florida.

Abbiamo avuto l'opportunità di intervistare in esclusiva per la Gazzetta della Spezia il prof. Gianni Ciofani, classe 1982, originario di Monterosso attualmente professore Associato al Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale del Politecnico di Torino. Un esperto, nonostante la giovane età, di nanomateriali intelligenti e delle loro applicazioni in biomedicina.

Che cos é la nanotecnologia?

"La nanotecnologia è una parte della scienza applicata e della tecnologia che si occupa del controllo della materia su scala dimensionale nanometrica, ovvero un miliardesimo di metro. Nello specifico, io mi occupo di nanotecnologia applicata alla biologia ed alla medicina".

Professore quali sono gli ambiti della sua ricerca?

"Il mio gruppo si focalizza su materiali nanostrutturati (le cui dimensioni tipiche sono appunto comprese fra 1 e 500 nm) che rispondono a determinati stimoli esterni, e li traducono in segnali in grado di interagire con le cellule e stimolarle. Ad esempio studiamo nanoparticelle piezoelettriche, che convertono una stimolazione meccanica (una compressione ad esempio) in uno stimolo elettrico in grado di eccitare cellule nervose. Oppure nanoparticelle magnetiche, che possono essere messe in movimento da una calamita esterna o si scaldano sotto l’influenza di un campo elettromagnetico".

Quando ha capito che da grande avrebbe fatto lo scienziato?

"Ho sempre avuto una predilizione per le scienze (in particolare chimica e biologia) fin dalle scuole elementari, ma ho deciso che avrei fatto ricerca solamente ai tempi della laurea triennale. Da lì poi ho deciso di provare ad accedere alla Scuola Sant’Anna di Pisa, che offre opportunità impareggiabili per chi voglia fare ricerca, dove ho coseguito la laurea magistrale ed infine il dottorato. All’Istituto Italiano di Tecnologia ho poi continuato la mia carriera, e qui continuo ad avere il mio attuale gruppo di ricerca anche da quando ho preso servizio come professore associato al Politecnico di Torino.

Quest'estate è stato a Cape Canaveral in Florida per seguire esperimenti dell’astronauta Paolo Nespoli, di cosa si tratta?

"E’ un esperimento che vuole capire se una categoria di nanoparticelle “intelligenti” che adoperiamo nelle nostre ricerche (la nanoceria, nanoparticelle di ossido di cerio), che hanno proprietà antiossidanti, possano essere utili anche nello spazio. In assenza di gravità (o meglio in “microgravità”), infatti l’organismo è soggetto ad una sovraproduzione di radicali liberi (composti chimici ossidanti) che devono essere tenuti sotto controllo da una dieta ricca in antiossidanti. Le nostre nanoparticelle hanno il vantaggio di avere un maggior potere antiossidante e di essere autorigeneranti, e quindi con un effetto molto prolungato nel tempo che ne eviterebbe ripetute somministrazioni. Nell’esperimento condotto da Paolo Nespoli nell’ambito della missione Vita, grazie al sostegno dell’Agenzia Spaziale Italiana che ha finanziato il progetto, abbiamo testato la nanoceria su cellule muscolari, dal momento che il tessuto muscolare è particolarmente sensibile agli effetti dannosi dei radicali liberi. Questi esperimenti spaziali hanno un duplice scopo: da un lato possono trovare nuove soluzioni medicali per gli astronauti che nel futuro affronteranno missioni di lunga durata, dall’altra ci possono fornire indicazioni per patologie tipicamente terrestri che sono ben simulate dalla permanenza degli organismi nello spazio".

Cosa le mancava della sua Monterosso in Florida?

"E’ difficile individuare una cosa in particolare, ma dopo quasi un mese di permanenza laggiù, anche se forse può sembrare ridicolo, penso proprio che il cibo sia l’aspetto tipico della mia terra di cui ho sofferto maggiormente la mancanza! Si fa fatica ad abituarsi al modo di mangiare degli americani, e devo dire che in Florida la situazione sotto questo punto di vista è ancora peggiore rispetto alle altre città degli Stati Uniti dove sono stato. Dopo tutte quelle settimane, e dopo aver assaggiato anche l’alligatore, un piatto di acciughe di Monterosso lo avrei proprio gradito!"

Ingegneria e medicina lavorano sempre a più stretto contatto, quali saranno gli scenari futuribili?

"Molti degli effetti di questa sinergia sono già fruibili, anche se alcune volte possono passare inosservati. Nella corrente pratica diagnostica e clinica troviamo già molto forte la presenza dell’ingegneria e, in taluni casi, anche della nanotecnologia, basti pensare ai mezzi di cotrasto della risonanza magnetica, che spesso sono nanoparticelle doi ossido di ferro. Ho la speranza che nei prossimi anni si riescano ad immettere in clinica molti dei promettenti dispositivi nanotecnologici che ad oggi hanno dato buoni risultati in laboratorio, soprattutto in oncologia, anche se mi rendo conto che la strada è ancora lunga, soprattutto se abbiamo a che fare con materiali particolarmente innovativi come quelli che studiamo noi: prima dell’applicazione su uomo dobbiamo essere assolutamente sicuri dell’assenza di tossicità"

Spesso si fanno confronti sulla ricerca in Italia e all'estero, cosa manca all'Universita italiana?

"In Italia, almeno fino ad oggi, abbiamo una formazione universitaria che nel resto del mondo ci invidiano. Un nostro laureato ha competenze che vanno ben oltre quelle che addirittura può avere un dottorando negli Stati Uniti, in Giappone o nel resto d’Europa, parlo per esperienza diretta all’estero. Quello che ci manca è poi quello che viene dopo la laurea: senza entrare nelle solite discussioni di cui i mezzi di informazione quotidianamente oramai ne parlano, la ricerca italiana soffre di mancanza di finanziamenti statali consistenti e di una burocrazia estremamente macchinosa che spesso rende difficile anche l’acquisto di materiale da laboratorio di uso quotidiano".

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