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La storia del convento dei Cappuccini a "Monterosso un mare di libri"

Venerdì 21 agosto alle ore 21,15 al Molo dei Pescatori


Venerdì 21 agosto alle ore 21,15 al Molo dei Pescatori verrà presentato il libro “Il convento dei Cappuccini di Monterosso al mare: quattro secoli di devozione, comunità e cultura nelle Cinque Terre (1618-2018) nell’ambito della rassegna “Monterosso un mare di libri”. Interverranno il sindaco Emanuele Moggia, Padre Renato Brenz Verca, Roberto Italo Zanini, Franco Bonatti. Modera Giovanni Tortorolo. Per chi partecipa alla serata sarà possibile visitare il convento sabato 22 agosto alle ore 10. Il volume in due tomi, curato da Alberto Cipelli e Andrea Lercari per Sagep, contiene saggi di Franco Bonatti, Valentina Borniotto, Padre Renato Brenz Verca, Mons. Paolo Cabano, Paolo Calcagno, Padre Enzo Canozzi, Padre Costanzo Cargnoni, Luisa Cascarini, Alberto Cipelli, Angelo D'Ambrosio, Anne Delvingt, Padre Dino Dozzi, Francesca Ferrando, Valentina Fiore, Don Nilo Gando, Mariano Lallai, Andrea Lercari, Emanuela Mancino, Paola Martini, Francesco Miroglio, Francesca Nepori, Giorgio Rossini, Sara Rulli, Daniele Sanguineti, Laura Stagno, Giovan Battista Varnier, Angela Ida Villa, Aldo Viviani, Andrea Zanini, Roberto Italo Zanini, Andrea Zappia, Valeria Zattera.

I testi introduttivi sono Federico Rampini, Franco Cardini, Michelangelo Pistoletto, Marco Martella, Marco Magnifico, Giuliano Volpe, Folco Terzani. A conclusione delle celebrazioni del quarto centenario della fondazione del convento, “Luogo del cuore” del F.A.I. nel 2014, i Frati Cappuccini hanno scelto di realizzare quest’opera che, nel ripercorrere la lunga vita del convento e dei frati che vi hanno dimorato, ricostruisce anche la storia e le peculiarità del territorio che lo ha ospitato e della comunità sulla quale i frati hanno vegliato nel corso dei secoli. I Cappuccini giungono a Monterosso nel 1618 chiamati proprio dalla comunità locale, scossa da quelle profonde faide e rivalità che hanno spesso caratterizzato la storia dell’intraprendente popolo ligure, individuando in questi religiosi i portatori della pace.

Il sito scelto per la nuova costruzione è già un luogo ricco di significato e fulcro del territorio della Podesteria di Monterosso, poiché vi sono stati edificati nel corso dei secoli il castello e la chiesa di San Cristoforo, cappella castrense e prima chiesa parrocchiale. La croce che precede sempre l’edificazione di un convento francescano è impiantata il 20 febbraio 1618, mentre la prima pietra è posta l’8 ottobre 1619 e i lavori saranno conclusi nel 1623. “Il Colle di San Cristoforo” diventa così “il Colle dei Cappuccini”. La fondazione coincide fortunosamente con la vocazione che ha portato un giovane e facoltoso patrizio genovese, Fabio Squarciafico, a vestire l’abito cappuccino e a rinunciare al proprio patrimonio terreno in favore dei fratelli con la condizione che ne devolvano una parte per fondare un convento del suo Ordine. Egli sarà Provinciale e figura importane per la Provincia dei Cappuccini di Genova. Il convento è così frutto di quella cultura della beneficenza e della devozione alla quale il ceto al governo della Repubblica di Genova destinò una parte degli enormi profitti ricavati dalle operazioni finanziarie condotte in tutta l’Europa asburgica in quel periodo che notoriamente viene ricordato come “El Siglo de los Genoveses”.

La povertà, la semplicità e l’umiltà cappuccina diventano così parte dell’età che ha lasciato inestimabili opere architettoniche e artistiche e spesso sono rappresentate dai grandi artisti del tempo, come la quadreria del convento dimostra ancora. È quindi attraverso il lavoro di un eterogeneo e qualificato gruppo di studiosi delle diverse discipline, ma anche grazie all’apporto fornito dalle testimonianze di membri della comunità locale che hanno vissuto il contatto con la piccola fraternità religiosa, dalle autorità religiose e civili che si sono rapportate con il convento e da intellettuali sedotti da questo luogo di pace e di bellezza, che prende forma il volume, diviso in due tomi e ricco anche di numerosi documenti pubblicati per la prima volta.

Oltre alla devozione che il luogo sacro da sempre ispira e al profondo legame affettivo che la popolazione manifesta nei suoi confronti, sono qui ricostruite le vicende storico-architettoniche del convento e dei suoi orti e giardini, ma anche il ricco territorio circostante, con le sue peculiarità naturali e le trasformazioni apportate dall’uomo che hanno plasmato un sito difficile tipicamente ligure, stretto tra mare e monti, rendendolo una terra intensamente sfruttata in senso agricolo e un luogo di giardini che il celebre cartografo Matteo Vinzoni definì nel 1773 «deliziosi di cedri, aranci e limoni».

Sono descritte poi le architetture di pregio, ecclesiastiche e civili, che contraddistinguono il borgo medievale protetto dal castello e dalle sue mura nel quale, anche attraverso la documentata presenza di maestranze di pregio quali i magistri antelami, vennero realizzati veri e propri palazzi signorili espressione dell’opulento notabilato locale. I membri delle principali casate monterossine si affermarono spesso nel tessuto economico e sociale della capitale, Genova, entrando in qualche caso a far parte del patriziato sovrano della Repubblica, senza mai perdere il legame con il borgo d’origine e con le sue molte istituzioni religiose, anzi beneficiandoli largamente. Anche di una parte di queste famiglie viene ricostruita la storia, insieme a quella di alcune casate patrizie genovesi che, in questo proficuo e continuo scambio tra città e Riviera, si insediarono a Monterosso.

Lo studio delle fonti locali ha permesso di ricostruire anche ciò che i Cappuccini hanno rappresentato da sempre per questo territorio in cui la locuzione “andiamo ai frati” testimonia il sentimento di una vicinanza spirituale e sociale. Un ampio spazio è infine dedicato al patrimonio storico artistico e più in generale culturale conservato nel convento, inserito nello studio delle committenze cappuccine e delle peculiarità che le norme austere dell’Ordine imponevano alle stesse; un’analisi che ha portato a identificare la splendida tela raffigurante La Crocifissione, a lungo attribuita al celebre Anton Van Dyck, a un altro pittore fiammingo di grande talento Gérard Seghers (Anversa, 1591-1651). Ma nel volume si sono evidenziate anche alcune manifestazioni artistiche contemporanee che dal convento e da Monterosso hanno tratto ispirazione, come i dipinti dell’artista espressionista Max Pechstein.

Questa pubblicazione è l’occasione per avvicinarsi a un luogo francescano di grande spiritualità, scrigno di una lunga storia devozionale e comunitaria che oggi promuove un articolato progetto di valorizzazione culturale e accoglienza.

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