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"Benedetta Barzini: La Scomparsa di Mia Madre", al Nuovo il documentario sulla musa di Warhol e Dalì In evidenza

Beniamino Barrese coglie l'anima privata (e politica) di una mamma straordinaria.

Perché continuare a fotografare i tramonti senza viverli? “Alla fine sono tutti uguali quando immortalati, ciò che cambia è l’esperienza”.

Al netto dell’ovvietà che trasuda da questa verità serve aggiungere una tara pesante: la sentenza arriva da una donna che si è creata e da sempre ha vissuto grazie alle immagini.

Ma Benedetta Barzini, già prima top model italiana lanciata nei Sixties newyorkesi di Avedon e Vreeland, amica e musa di Warhol e Dalì, negli anni 70 convinta femminista e oggi docente e giornalista, si è da tempo emancipata dalla prigionia dell’immaginario cine-fotografico rilevandone tutta la sua ambiguità, facilmente mutabile in tossicità politica.

Mai avrebbe creduto che a rinchiuderla nuovamente nel malefico obiettivo sarebbe stato il suo ultimogenito Beniamino, sangue del suo sangue, la nemesi perfetta.

Il film "La scomparsa di mia madre" di Beniamino Barrese nasce dunque dal paradosso di una sfida consanguinea, quella tra la ex cover girl di Vogue che a 75 anni aspira solo a sparire dai riflettori, e suo figlio filmmaker, animato dalla voglia di cogliere l’anima privata (e politica) di una mamma straordinaria e contestualmente di riflettere sulle potenzialità del dispositivo audiovisivo, spingendolo su territori di ambiziosi sconfinamenti.

Presentato con successo in prima mondiale al Sundance da cui un tour internazionale che sta toccando in questi giorni il 63° London Film Festival, il film è al Nuovo La Spezia Lunedi 21 ottobre 18.30 martedi 22 ottobre ore 15.30 mercoledi 23 ottobre 17.15.

Benedetta Barzini è un energico vibrare di contraddizioni e passioni, che Beniamino, telecamera in mano, osserva, adora, fa sobbollire.

Ora che ha 76 anni e ha scelto di prendere su di sé senza remore i segni del tempo, rughe e capelli bianchi, Benedetta sprizza ancora una bellezza radiosa e combattiva. "È tutta la vita che fotografo e filmo mia madre, senza sapere perché", dice lui nel film, teneramente.

"La scomparsa di mia madre" diventa così una dolcissima lettera d'amore madre-figlio, un balletto di avvicinamenti e fughe, in cui le mani di chi scrive si intrecciano, ora lui, l'innamorato, che riprende e fa domande anche un po' sciocche, ora lei, che si arrabbia, dice parolacce, balla, ride, fa la pipì, irriverente. E ama.

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