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Il Festival della Resistenza chiude con il botto (Foto e Video) In evidenza

di Luca Manfredini – Cinque caldi e lunghi giorni di Memoria, musica, teatro, dibattiti e gastronomia che confermano il Festival fosdinovese come uno dei più ambiti Festival italiani sulla tematica.

Ieri 6 agosto serata finale della XV° edizione di “Fino al cuore della Rivolta” dovei tanti volontari del Museo Audiovisivo della Resistenza si sono dovuti “fare in quattro” per accogliere e soddisfare tutte le persone intervenute a omaggiare e festeggiare questo ultimo evento clou.

Tantissimi i nomi che si sono avvicendati sul palco del Festival in questa sarabanda estiva che da anni colma la splendida struttura immersa nel bosco di castagni e dedicata alla memoria dei comandanti partigiani Alessandro Brucellaria (“Memo”) e Flavio Bertone (“Walter”).

Da Appino degli Zen Circus a Bobo Rondelli passando per Maggiani, Yo Yo Mundi, Ricki Gianco e Gianfranco Manfredi e Stefano “Cisco” Bellotti, Angelo d’Orsi, per finire con Moni Ovadia, Angela Baraldi e gli Skiantos: cinque giorni di sold out che hanno impegnato al massimo l’organizzazione e visto “l’avanti-indietro” del servizio pulman da Fosdinovo al Museo lavorare indefessi sino alle prime ore del mattino.

Uno spazio importante dedicato anche al dopo Festival, che ha visto ogni serata dare spazio notturno a nuove e seguitissime proposte: I Pixel, Jonathan Lazzini con il monologo “Marx a Soho” di Howard Zinn, Loving, Rosemary, Sam-B e Lunokhod.

Una piacevole particolarità che coglie subito l’occhio entrando al festival, è la stragrande maggioranza dei giovani presenti tra gli appassionati che colmano da sempre ognuna delle tante iniziative organizzate dall’Associazione “Archivi della Resistenza”.

Giovane il pubblico, giovane l’organizzazione, giovane il mantenimento della memoria e, se è vero come è vero che i giovani sono il nostro futuro... bhe, le premesse sono ottime.

La giornata finale si è avviata alle 16.30 con il dibattito: “Il biennio rosso (1919-1920) – una rivoluzione mancata”? con Angelo d’Orsi dell’Università di Torino e Mimmo Franzinelli della Fondazione “Rossi-Salvemini” di Firenze.

A loro è seguito un dialogo tra fotografia, storia e antropologia dal titolo “Memoria dell’Autunno caldo”, con Tano D’Amico (fotografo), Uliano Lucas (fotografo), Angelo d’Orsi (Università di Torino) e il coordinamento di Paolo De Simonis (IDAST - Iniziative Demo-Etno-Antropologiche e di Storia Orale in Toscana).

Il “dopo cena” è stato aperto (e seguito all’inverosimile) da Moni Ovadia ed il suo “Contro il privilegio – il lascito di Primo Levi”.

Un lungo e applauditissimo molologo che ha visto Ovadia volare alto sull’omaggio a Primo Levi ed alla storia dell’Olocausto (e incespicare un pochino nel proseguo sull’attualità con qualche scontatezza propagandistica).

“Vorrei che il Giorno della Memoria venisse modificato nel più appropriato “Il Giorno delle Memorie”, per ricordare tutti gli orrori del mondo a cominciare da quello del colonialismo – ha giustamente evidenziato – bisogna abolire il divisionismo e cacciare altrove quelli che ne fanno bandiera, togliamo la cittadinanza a chi ignora la storia italiana e a chi la infanga con ignoranza, fascismo e razzismo, e diamola ai migranti che ambiscono ad integrarsi e a fare crescere questo Paese – ha aggiunto tra le ovazioni – il nostro problema oggi è creare un vero movimento fatto di cultura e storia che abbia come primo obbiettivo l’applicazione della Costituzione repubblicana, e come prima Legge l’uniformazione dei diritti, delle ambizioni e degli stipendi tra uomo e donna” – ha concluso per poi dedicarsi a valutazioni su Ministri e compagini politiche.

Tantissimi gli spettatori che lo hanno seguito nel monologo, ben oltre i posti disponibili nell’anfiteatro e quelli dietro, sino ai castagni e oltre. Tanti poi quelli che lo hanno accompagnato lungo il Museo per stringerli la mano o per dialogare ancora con lui.

Il tempo di attrezzare il palco e la musica di denuncia di Angela Barardi, “Tornano sempre”, ha catturato l’attenzione del pubblico: emozionante tra i tanti il pezzo da Lei dedicato a Federico Aldrovandi.

Alle 23 circa il palco si è poi colorato di storia, sarcasmo, esagerazione e punk rock italiano, con l’attesissimo gruppo degli Skiantos nato a Bologna negli anni 70 e accompagnato per l’occasione dal carismatico Nevruz, protagonista anche di un’edizione di XFactor.

Il loro famoso rock demenziale ha fatto impazzire i tantissimi giovani presenti che li hanno accompagnati tra balli e urla, cantando insieme a loro ogni singola hit tutt’oggi ancora osannata, non solo dai nostalgici ma soprattutto dalle giovani leve.

Nonostante l’età storica dei pezzi presentati e quella anagrafica del gruppo il concerto è stato un successone e il sotto palco (e oltre) è impazzito soddisfacendo tutte le aspettative.

A notte avanzata poi spazio ancora per un’ulteriore band nel palco “dopo spettacolo”, i Lunokhod.

E la loro musica, come pure gli sgabei farciti del “Circolo culturale enogastronomico Archivi della Resistenza” e l’Amaro Partigiano, hanno fatto davvero le ore piccole piccole.

Archiviamo quindi il successo della XV° edizione e attendiamo ulteriori eventi, ricordando e ribadendo ancora come giusto è che: il “Festival” non è certo solo musica e divertimento e entrare nel Museo Audiovisivo della Resistenza è entrare nella storia e riviverla, con la dovuta riverenza ed il massimo rispetto per chi l’ha scritta e ci consente oggi di vivere in democrazia.

L’Associazione “Archivi della Resistenza” mantiene viva con il Museo e ogni evento dedicato: una memoria storica fatta di partigiani, di internati, di deportati e di un popolo in lotta per la libertà, in un percorso fatto di testimonianze audio visive, archivi multimediali e interviste dei protagonisti della Resistenza coinvolgente ed emozionante, per non dimenticare e riflettere ancora.

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