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In 10 anni 496 donne vittime di violenza: il Centro Irene sempre in prima linea In evidenza

di Gabriele Cocchi – Il trend è in preoccupante crescita, ma Irene resta un punto di riferimento sul territorio. Sabato 25 e domenica 26 maggio i festeggiamenti.

10 anni in prima linea, ad aiutare le donne vittime di violenza a rialzarsi, a superare le paure, a ricostruirsi una vita con i propri figli.

Il Centro antiviolenza Irene festeggia il decimo anno di vita. Lo fa con una serie di iniziative di festa nel weekend al Parco della Maggiolina (in fondo all’articolo il programma), ma anche con una riflessione su un trend in preoccupante crescita, che non accenna a diminuire, anzi.

I numeri sono stati presentati questa mattina in Comune dall’assessore alle politiche sociali Giulia Giorgi, affiancata da Sara Madiai, responsabile del Centro, Valeria Fanfani, assistente sociale del Comune, e Marzo Zanotti dello Spezia Calcio Femminile.

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Sono state 496 le donne aiutate dal Centro fin dal 2009: una media di 50 all’anno. Tante, troppe. Basti un altro numero, altrettanto significativo: più di 1.800 telefonate ricevute in 10 anni al numero verde 8001443878, attivo 24 ore su 24 e 365 giorni all’anno, da parte di donne che hanno chiesto aiuto.

La maggior parte delle segnalazioni riguardano violenze di tipo psicologico, a cui il più delle volte seguono violenze fisiche.

“Il Centro Irene è una realtà che da 10 anni riesce ad aiutare tante donne e bambini che si trovano in difficoltà – ha spiegato l’assessore Giorgi – Abbiamo deciso di celebrare questo anniversario in modo particolare, facendo uscire il centro e tutte le associazioni che lo supportano sul territorio. Voglio ringraziare tutti i volontari delle associazioni che in questi anni sono stati sempre presenti. Grazie a ognuno di voi”.

Lo sforzo del Centro Irene è fondamentale, ma il fenomeno della violenza per troppe donne resta ancora un tabù. L’ostacolo più grande è la paura di denunciare, con la convinzione (spesso sbagliata) che le cose in un modo o nell’altro possano tornare al loro posto.

Non c’è solo paura della denuncia, ma anche quella del dopo-denuncia, oltre alla vergogna di esporsi e raccontare la propria storia. La violenza è spesso vissuta come una macchia sociale, da tenere nascosta per sé.

Lo conferma Sara Madiai: “Da 10 anni mi occupo di coordinare il Centro: è un lavoro che dà molte soddisfazioni, ma che allo stesso tempo presenta una notevole complessità. Il fenomeno purtroppo sta seguendo lo stesso excursus che si osserva nel resto d’Italia, non smette ma aumenta. Mi sono accorta che nei primi anni di vita del Centro erano più le donne che venivano allo sportello e meno quelle che telefonavano al numero verde, negli ultimi anni invece sta accadendo il contrario”.

In ogni caso il Centro Irene resta un vanto per il Comune, invidiato da tante altre città italiane. Ada, Auser e Anteas sono le associazioni attive fin dal primo giorno, a cui nel corso degli anni si sono aggiunte le associazioni “Delta” e “Casa delle donne”.

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Inizialmente il Centro faceva capo alla Provincia, poi la competenza è passata al Comune della Spezia. Oggi sono circa 25 i volontari che si mettono a disposizione delle donne che si rivolgono al centro.

“Ci sono le donne che stanno in silenzio e non riescono a esprimersi, oppure quelle che sono un fiume in piena e non smettono di parlare della loro storia – racconta Pina, una volontaria del Centro – Il nostro lavoro non è facile: è un abbraccio nei loro confronti, devono sentire che il nostro è un aiuto reale. Le donne che chiedono aiuto sono di tutte le etnie e classi sociali, perché la violenza non fa nessuna distinzione”.

“Molte volte è necessario anche un intervento da parte nostra nella tutela dei bambini e nel sostegno economico e lavorativo – aggiunge Valeria Fanfani, assistente sociale del Comune – C’è una sinergia costante con il Centro dal momento della segnalazione”.

In materia di violenza sulle donne, ha ottenuto ottimi risultati il progetto “Palla alle donne contro ogni violenza” dello Spezia Calcio Femminile.

In una serie di incontri con 25 classi del territorio, sono emerse segnalazioni anonime di casi di violenza, bullismo e discriminazione su bambini e ragazzi. “Un paio di ragazzi hanno anche raccontato di aver pensato al suicidio”, spiega Marco Zanotti.

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