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Iniziato il nuovo anno pastorale, ecco i temi centrali In evidenza

Messa solenne presieduta dal Vescovo nella Cattedrale di Cristo Re.

«Riprendiamo, anzi continuiamo un cammino. Quest'anno avrà una connotazione ben precisa. Non possiamo disattendere o far finta di non capire quello che ci dice il Signore» attraverso tre segni. Con queste parole il vescovo Luigi Ernersto Palletti ha aperto ieri pomeriggio nella cattedrale di Cristo Re, davanti a sacerdoti e fedeli di tutta la diocesi, l’anno pastorale 2018-2019.
Ma quali sono i tre segni? «Il Signore ci parla innanzitutto con la parola. Il Vangelo del giorno dice: “vieni e seguimi”. Poi ci parla col sinodo sui giovani, che vede come tema appunto i giovani, la fede, il discernimento. Infine, un richiamo locale. Da quest’anno, la nostra diocesi ha solo due seminaristi residenti. Una comunità religiosa dev'essere costituita da almeno tre persone. Pertanto, dopo un percorso elaborato e seguendo l’indicazione della congregazione del clero, ci appoggiamo al seminario metropolitano di Genova. Questo è un evento della storia, che ci dice che abbiamo raggiunto un numero minimo di vocazioni».

«Dio sta parlando in maniera esplicita – prosegue mons. Palletti -. Ci chiede di intraprendere un cammino vocazionale forte. La nostra vita non si é accesa per caso, e non cammina verso il nulla. Dio ha voluto la nostra creazione - lo diciamo nel Credo -. Su di noi ha un progetto ben preciso, non un caos. Un progetto per cui ci ha amati, redenti e voluti per l’eternità». E’ la nostra vocazione.
«I valori umani sono importanti, ma limitati. Abbiamo bisogno di una metà più importante, abbiamo bisogno del regno dei cieli. Al giovane che lo interroga, Gesù dice di osservare i comandanti. Ma la vera provocazione é la domanda stessa: “Che cosa devo fare per vare la vita eterna?”. Noi avremmo domandato questo? Ci sta a cuore la vita eterna? O chiediamo a Lui solo quello che il mondo, almeno per ora, non riesce a darci?»

«Bisogna diventare veramente discepoli di Gesù. Non é sufficiente essere credenti, né praticanti – il giovane ricco del Vangelo lo era -. Essere discepoli significa anche seguire. Non rimanere credenti “informati di”, ma diventare credenti che camminano col maestro. “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo” (Lc, 9, 58)».
«Il discepolo non può sedersi, perché il maestro non si ferma. Bisogna far crescere il dono del battesimo, camminando dietro al Signore Gesù. E’ un camminare verso il Regno, che ci rende santi. “Siate santi, come io sono santo”, “siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”, “siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso”. La santità é vita di comunione con Dio, che si accende col battesimo».
«Siamo interpellati e conosciuti per nome. Andiamo insieme incontro al Signore. Siamo chiamati per seguire, ma anche inviati per annunziare. Se vogliamo far crescere una comunità di discepoli, dobbiamo essere una comunità che segue e che annunzia, perché ha a cuore i fratelli. Caino, dopo aver ucciso suo fratello, risponde a Dio, che gli chiede di Abele: “Sono forse io guardiano di mio fratello?”. Anche noi, oggi, rischiamo di pensare così: “Vada all'inferno, se vuole”. Ma essere discepoli è diverso. “Amatevi gli uni gli altri”. Sono chiamato per seguire, ma anche inviato per annunziare».

Questo è «il grande cammino della vocazione. Pensiamo in particolare alle vocazioni di speciale consacrazione, religiosa e sacerdozio. La Chiesa si forma con l’eucarestia, che non scende dal cielo per mani di angeli, ma per le mani di un piccolo uomo, ordinato prete. Gli apostoli hanno riservato a sè preghiera e annunzio, lasciando ai diaconi la cura dei poveri. La Chiesa deve rispondere alla sua vocazione ed aiutare gli altri a rispondere. Vedremo che cosa dirà il sinodo nel documento finale. Ma fin da ora sono evidenti alcuni passi essenziali. Bisogna pregare il padrone della messe che mandi operai per la sua messe. Il papa lo dice in modo molto familiare: bisogna pregare con insistenza. Il vangelo arriva a dire che bisogna “importunare”. Alcuni eventi diocesani sono finalizzati a questo: i pellegrinaggi dei primi sabati del mese, le adorazioni del giovedì. Dobbiamo pregare anche personalmente. Dopo la preghiera, il secondo passaggio vocazionale è il testimoniare. È vero che Dio può far sorgere figli di Abramo anche dalle pietre. Ma se il terreno è stato ben arato, tutto è più facile. Non bisogna essere attraenti, nel senso di dare teatrino. Questo sarebbe fare proseliti. Se sei cristiano, sei attraente. Ma devi essere visibile. Oggi c’è la tentazione dell' invisibilità. Usiamo anche il vangelo, a tal fine, quando citiamo il lievito, che sparisce nella pasta. Ma no. Il lievito deve far crescere tutto. Il sale deve rendere saporiti i cibii. Una lampada deve fare luce su tutta la casa. La città è posta sul colle. Siamo cristiani, viviamo come tali e facciamolo vedere, non ostentatamente, ma autenticamente!».
«Bisogna poi anche accompagnare. I genitori accompagnano i figli, i catechisti accompagnano i loro gruppi. Questo accompagnare lo vediamo fin dall'inizio del Vangelo. Andrea accompagna da Gesù il fratello Simone. Filippo va da Natanaele. Il ministero della accompagnamento non ha un’etichetta, perché compete a tutti. Sarà poi Gesù a parlare. Ma bisogna condurre a Lui, nella catechesi, nella carità, nell' incontro».

«Questo vuole essere inizio del nostro cammino – conclude mons. Palletti -. Se mancano queste caratteristiche, non sarà possibile crescere insieme, vivere da discepoli, diventare testimoni ed accompagnatori autentici. Speriamo che crescano vocazioni nuove, che servono non a riempire delle nostre esigenze, ma a testimoniare insieme il regno dei cieli».
Il vescovo ha infine ricordato i tre sacerdoti morti in questo anno – ultimo don Andrea Cappelli, i cui funerali ha celebrato giovedì scorso –, e sottolineato che si tratta della prima inaugurazione di anno pastorale senza il vescovo emerito Bassano Staffieri.


(Testo: Francesco Bellotti)

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