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Dalla Spezia alla Svizzera per la lotta alla 'Ndrangheta In evidenza

L'operazione dei carabinieri, come anticipato, ha permesso in sequestro di beni legati alla criminalità organizzata custoditi in Svizzera.

Nel corso di una conferenza stampa che si è svolta a Genova questa mattina 18 aprile, sono stati resi noti i dettagli dell'operazione in Svizzera che ha visto protagonisti i Carabinieri del Comando spezzino e del quale vi avevamo anticipato questa mattina (qui).

I Carabinieri del Comando Provinciale di Spezia hanno individuato in Svizzera conti correnti e beni riconducibili ad Abossida Santo; l’attività giunge a coronamento delle indagini che il 30 agosto 2017 hanno già portato al sequestro dei beni ai fini della confisca, disposto dal Tribunale della Spezia, del patrimonio ritenuto riconducibile ad un’associazione per il traffico di stupefacenti di matrice calabrese operante a carattere transnazionale ed oggetto di complessa attività investigativa.

Nel corso dell’esecuzione dei sequestri, gli uomini dell’Arma avevano rinvenuto materiale rivelatosi interessante per individuare ulteriori beni ubicati all’estero: la documentazione acquisita dai militari, infatti, attestava la partecipazione di Abossida Bombina ed Olszewska Alicja, rispettivamente sorella e moglie di Abossida Santo, alla società “Sc Athena Classica”, nella cui disponibilità risulta un quadro raffigurante “Bacco” attribuito alla scuola del Caravaggio e custodito nel caveau di un Punto Franco nei pressi di Lugano.

A seguito delle risultanze investigative ed al fine di riscontrare eventuali ulteriori beni custoditi in quello Stato, è stata quindi avviata un’attività di cooperazione tramite rogatoria internazionale tra l’Autorità Giudiziaria e i Carabinieri italiani da un lato e con l’Autorità Giudiziaria e Polizia Federale Svizzera dall’altro. Le ulteriori indagini condotte in territorio svizzero hanno quindi consentito di individuare vari conti correnti accesi presso banche elvetiche ed una cassetta di sicurezza contenente diversi orologi e gioielli di consistente valore, nella disponibilità delle due donne, per un valore complessivo di circa 700.000 euro, senza contare il valore del dipinto, difficilmente stimabile stante l’eccezionalità dell’opera. Sulla scorta della richiesta avanzata dalle autorità italiane, i beni sono stati quindi vincolati dagli organi investigativi svizzeri, in ottemperanza alla legislazione di quel paese, e verranno trasferiti all’Italia successivamente al provvedimento di confisca disposto dal Tribunale.

Curiosa è, in particolare, la vicenda del “Bacco”: il dipinto è stato riconosciuto come attribuibile alla scuola di Caravaggio da diversi esperti ed esposto nel 2013 in Vaticano nel corso di una conferenza stampa alla quale hanno preso parte, come relatori, Claudio Strinati, Direttore Generale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed ex Soprintendente al Polo Museale di Roma, già curatore della mostra sul Caravaggio alle Scuderie del Quirinale, e Daniele Radini Tedeschi, scrittore e critico d’arte, autore di due monografie sul Merisi; sono loro e lo storico dell'arte Maurizio Marini ad aver studiato l'opera, un dipinto che rappresenta Bacco che porge un coppa di vino, attribuendola poi a Michelangelo Merisi da Caravaggio.
Il “secondo Bacco” è quindi il “doppio” della versione custodita alla Galleria degli Uffizi a Firenze e si suppone che fosse stato eseguito dal pittore assieme ad un ignoto collaboratore a seguito del grande successo che ebbe l’originale. È infatti frequente all’interno della produzione artistica del Caravaggio trovare dei doppi: tra essi ricordiamo il “Mondafrutto” (uno a Tokyo , l’altro a Londra), il “Ragazzo morso da un Ramarro” (uno a Firenze, l’altro a Londra), il “Suonatore di Liuto” (una versione all’Hermitage, l’altra al Metropolitan) ed il “San Francesco in preghiera” (entrambe a Roma, una a Palazzo Barberini, l’altra nella Chiesa dei Cappuccini).
Nello sviluppo investigativo i Carabinieri di Spezia stanno ricostruendo gli interessi criminali di Abossida Santo e del ruolo esercitato dalla moglie e, soprattutto, dalla sorella Abossida Bombina. L’ipotesi investigativa, infatti, porrebbe le due donne non solo eredi dell’immenso patrimonio ma anche gestrici di legami societari che nel tempo hanno garantito, oltre che l’occultamento del patrimonio, anche il suo reimpiego e reinvestimento.
Le indagini si incrociano con le risultanze investigative dei Carabinieri del ROS e del Comando Provinciale di Crotone, che la mattina del 9 gennaio u.s. hanno dato esecuzione all’ordinanze di custodia nei confronti di 169 soggetti ritenuti appartenenti alla ‘ndrangheta nel contesto dell’operazione convenzionalmente denominata “Stige”.

Tale attività d’indagine, coordinata dal Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, si è focalizzata sulle attività criminali della cosca Farao-Marincola di Cirò Marina, con ramificazioni anche al Nord e Centro Italia (in particolare Emilia Romagna, Veneto, Lazio, Lombardia) ed in Germania. Le indagini hanno documentato l’infiltrazione mafiosa in diversi settori economici e imprenditoriali in Italia ed all’estero, circostanza che ha consentito alla cosca di strutturarsi come una vera e propria “holding criminale” capace di gestire affari per milioni di euro.
Tra le persone colpite dai provvedimenti restrittivi rientrano anche due soggetti residenti a Cirò Marina (KR) ed emersi nell’indagine “Money Monster” condotta dai Carabinieri di Spezia: Anania Antonio e Farao Giuseppe. Qualche anno primo della sua morte, infatti, Abossida Santo, tramite la società partecipata “Smeraldo S.r.l.”, aveva acquistato diversi appartamenti a Cirò Marina con l’intento di rivenderli, affidando l’incarico di ultimarne la costruzione ad Antonio Anania, titolare di un’impresa edile. Inoltre parte degli investimenti immobiliari di Abossida Santo e della società partecipata “Stargate S.r.l.” riguardano immobili confinanti con le proprietà di Antonio Anania e familiari.

Le indagini hanno evidenziato che nel biennio 2008-2009 gli Abossida hanno trasferito in più soluzioni ed a vario titolo circa 600.000 € ad Anania, tutti direttamente o indirettamente provenienti da contante versato nel corso degli anni.
Nelle fasi di esecuzione del decreto di sequestro emesso il 24.08.2017 dal Tribunale della Spezia, con l’immissione in possesso degli immobili da parte dell’amministratore giudiziario, era accertata l’occupazione “sine titulo” da parte di Farao Giuseppe e del proprio nucleo familiare di alcuni immobili di proprietà della “Smeraldo S.r.l.” ubicati a Cirò Marina (KR).

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