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Un giovane prete, il mare e la tavola da surf In evidenza

Pubblichiamo un articolo scritto da don Alessio Batti, il giovane prete che ha richiamato l’attenzione dei media nazionali per la passione del surf.

Durante le benedizioni delle famiglie di due anni fa, ho conosciuto Gabriele Raso, per tutti Gabo, campione e istruttore di surf a Levanto. È stato lui a dirmi: “Bisogna fare qualcosa per i nostri giovani che ti veda coinvolto in prima persona”. Di lì a poco la proposta: “Perché non impari a surfare?”.

Il surf è uno sport radicato a Levanto, dove sono presenti due scuole, e raccoglie molti ragazzi da varie parti del mondo, che scelgono la nostra baia per sfidare le onde. “Se accetti – mi disse Gabo – ti farò io da istruttore e ti farò usare la mia tavola”. Non si poteva dire di no, tanto più nella prospettiva di far emergere e di trasmettere la dimensione per così dire “spirituale” dello sport.

Tutti coloro che praticano uno sport – nel mio caso era stato così per il nuoto, sino alle soglie del liceo – sanno che c’è una disciplina da seguire, che non si possono bruciare le tappe, che bisogna affidarsi a chi ne sa più di te. Riuscire a “cavalcare” un’onda importante (questo certo è un punto di arrivo e non di partenza) e a dominarla stando in equilibrio richiede conoscenza del mare, cogliere il momento giusto per alzarsi, non rubare gli spazi a chi “surfa” con te: lo ignoravo, ma esiste un “codice della strada” anche per i surfisti.

Inoltre del mare e della sua forza bisogna sempre conservare un sano timore, quasi reverenziale, perché non puoi mai prevederlo fino in fondo. Gli sport all’aria aperta favoriscono in modo speciale il contatto con il creato, e chi gli si avvicina in modo consapevole non può non avvertire un richiamo verso Colui che tutto ha fatto con sapienza.

C’è anche un risvolto pastorale importante: lo stare insieme ai giovani condividendo una passione sana è un modo per “umanizzare” la figura del sacerdote che, pur nella singolarità della sua vocazione, non deve trascurare di essere persona tra le persone. Può essere un modo per interpretare quella “uscita” di cui parla sovente Papa Francesco.

Da ultimo, non meno importante, è il poter valorizzare in qualche modo il territorio che vede in Levanto una zona particolarmente vocata al surf, con caratteristiche che non tutti i mari possiedono. Una partita di calcio, in altre parole, si può fare grosso modo ovunque, il surf no.

Il rischio che, visto il mio ruolo, tutto ciò potesse sembrare una stravaganza fine a se stessa c’era, ma la gente ha colto subito l’essenza vera del mio progetto e i commenti sono stati tutti positivi. Non sono certo un campione né lo diventerò, ma la frase di Gabo, che spero possa diventare quella di tanti, vale per me più di una medaglia: “Ho trovato un amico!”.

Alessio Batti, vice parroco a Nostra Signora della Guardia e Montale di Levanto

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