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Marittimi egiziani a scuola di Fremm al polo Marconi In evidenza

Potrebbero esserci in futuro ulteriori cicli di formazione.

 

Alla Spezia da martedì sera ci sono oltre 100 marittimi egiziani, futuri equipaggi delle due fregate vendute dall’Italia allo stato arabo presieduto da Abdel Fatah Al Sisi, deciso a confermare il ruolo di potenza regionale in Medio Oriente e diventato cliente fidelity delle armiere di Italia, Germania e Francia, dalla quale ha comprato nel 2015 la prima nave militare del programma Fremm (fregate militari multi missioni).

La Fincantieri ha predisposto per il futuro personale di bordo una sistemazione di eccellenza per la notte prenotando all' NH hotel, mentre per i corsi di formazione che dureranno qualche mese il Comune della Spezia sta predisponendo per Fincantieri il complesso didattico del polo Marconi, sede fino a un mese fa dell’università prima del suo trasferimento al Falcomatà nell’ex Ospedale Militare.

Sui colli i docenti e gli allievi con le stellette troveranno ad attenderli sette aule spaziose, dove potranno essere garantiti i distanziamenti anti-covid, oltre ad una biblioteca, un edificio adibito ad uffici, un punto bar ristoro che fornirà i pasti, con attrezzature in ottime condizioni.

E’ probabile che dopo il primo ciclo di formazione altri marittimi egiziani raggiungeranno la sede spezzina, anche perché ogni nave prevede circa 100 uomini di equipaggio, oltre 50 addetti ai radar e a servizi vari.

La cessione delle due fregate all’Egitto – a fronte di un dichiarato raffreddamento diplomatico tra i due paesi in seguito agli ostacoli alle indagini per chiarire i lati oscuri della fine di Giulio Regeni – ha provocato qualche timida reazione a livello politico, e poche o nulle proteste a livello di opinione pubblica.

La questione ricorda in qualche modo la vetusta querelle delle fregate vendute dall’Italia all’Iraq alla vigilia della guerra del Golfo, che rimasero poi per anni e anni sequestrate in Arsenale a causa dell’embargo contro il regime di Saddam Hussein, con la speranza che questa vicenda abbia un esito diverso, e che magari nel frattempo l’Egitto recuperi una posizione di rispetto dei diritti umani e civili, abbandonando o quantomeno attenuando le velleità di potenza militare in un’area da sempre polveriera.

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