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Progetto per il biodigestore a Saliceti, ReCos replica a tutti i NO del Comitato Sarzana, che botta! In evidenza

La Società risponde punto per punto a tutte le osservazioni fatte dal Comitato in sede di Inchiesta pubblica.

 

Proseguono i lavori dell’inchiesta pubblica che la Regione Liguria ha indetto per favorire la massima partecipazione e condivisione dei contenuti del progetto per la realizzazione dell’impianto spezzino di trattamento del rifiuto organico, presentato lo scorso mese di aprile dalla società ReCos del Gruppo Iren.

Ieri, 29 agosto, nel corso della terza seduta dell'inchiesta pubblica si è entrati nel merito delle osservazioni depositate il 21 agosto dal Comitato Sarzana, che botta!.

I funzionari della Regione e della Provincia partecipanti ai lavori hanno risposto su tutte le questioni amministrative, procedurali ed attinenti la pianificazione. La replica del proponente ReCos sarà completata nella prossima seduta, ma Gazzetta della Spezia, ascoltati i vertici della Società, è in grado di anriciparvi come ribatterà ai molteplici punti messi nero su bianco e argomentati dal Comitato.

“Ribadiamo subito – esordisce ReCos – che le risposte già fornite confermano la coerenza e la rispondenza del progetto alla pianificazione pubblica e le garanzie che esso assicura in termini di qualità tecnologica, tutela ambientale, sicurezza per il territorio in cui l’impianto sarà inserito”.

ReCos, però, replica, comunque, punto per punto alle questioni poste dal Comitato Sarzana, che botta!, partendo da quella dell'ubicazione stessa dell'impianto: “Abbiamo condotto un’analisi seria sugli altri possibili siti previsti dalla pianificazione pubblica, Boscalino in primis; Silea non è mai stato sito ricompreso nelle previsioni di piano, tuttavia ne sono state studiate sommariamente le caratteristiche e ne è stata rilevata l’assoluta impraticabilità, per la sua contiguità con l’area naturalistica dei Bozi, per il suo inserimento nell’area densamente urbanizzata del quartiere sarzanese di Crociata, per la straordinaria complessità di accesso, stante l’obbligato attraversamento dell’asse viario, cittadino e di collegamento sovracomunale, della Variante Aurelia, già oggi fra i più problematici dell’intera viabilità provinciale. In sintesi possiamo dire che il sito dei Bozi, proposto dal prof. Raggi, non è adatto perché non è IDONEO ai sensi della normativa: in particolare non è incluso nelle mappe di idoneità dei siti pubblicate dalla Regione Liguria e disponibili sul web”.

Restando sul tema della definizione dell'area e passando ad analizzare il sito di Saliceti, ReCos sottolinea: “In termini di occupazione di suolo vogliamo ribadire con chiarezza che non stiamo parlando di un’area a destinazione agricola: è una provocazione il solo affermarlo, stante l’evoluzione storica sotto gli occhi di tutti, per cui in quell’area insistono, oltre a tutto il sistema autostradale che l’ha prevalentemente condizionata e modificata, altri impianti industriali e similari, quali la ex Barberis, l’impianto di Cdr, l’autoparco, le attrezzature e l’impiantistica Salt, che complessivamente occupano già la maggior parte del sito”.

Continuando con l'analisi del sito scelto, ReCos replica, punto per punto ai timori espressi del Comitato: “In termini di sicurezza del sottosuolo, la valutazione del rischio sismico è quella che la legge prescrive come coerente all’attuale “grado” del progetto, cioè quello “definitivo”: in sede di progetto “esecutivo”, saranno elaborati tutti gli indicatori tecnici (la cosiddetta Risposta Sismica Locale) finalizzati alla progettazione strutturale degli edifici e dei manufatti in generale”.

Timori sono stati espressi, chiamando in causa in modo specifico il PUC del Comune di Vezzano Ligure, sul “rischio di liquefazione”: “Il tema intanto viene posto dal Puc di Vezzano Ligure non certo in termini di certezza ma appunto di rischio da valutare, ed è stato affrontato e valutato da ReCos. Gli studi elaborati escludono specificamente tale rischio in ragione della morfologia e della composizione del sottosuolo corrispondente all’area dell’impianto”.

Una delle questioni sulla quale il Comitato Sarzana, che botta! insiste di più è, senza dubbio, quella della presenza nella zona di falde acquifere e il collegato timore che le stesse vengano inquinate: “In termini di permeabilità, è stato valutato scientificamente il grado di vulnerabilità del sottosuolo, al fine di adottare tutte le soluzioni tecnologiche più appropriate per mettere in sicurezza l’impianto, in particolare nelle sue parti interrate in calcestruzzo armato, Ribadiamo, in particolare, che in tema di velocità del flusso della falda, sulla base di mirati e trasparenti e pubblici calcoli scientifici, che hanno accompagnato il progetto sin dalla sua presentazione ufficiale, la velocità di transito dell’acquifero si attesta nel range temporale ricompreso fra il minimo di 60 giorni (due mesi) e il massimo di 156 giorni (5 mesi) perché qualsiasi fuoriuscita nel terreno possa interferire con la più vicina zona pozzi dell’acquedotto pubblico”.

ReCos tiene anche a puntualizzare: “In ogni modo le costruzioni saranno realizzate in modo che non vi siano fuoriuscite. Non stiamo parlando di costruzioni avveniristiche o di straordinaria complessità geometrica e strutturale ma semplici, banali manufatti in cemento armato e acciaio, dei quali è tutto perfettamente noto dal punto di vista ingegneristico e tecnologico”.

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L'impianto di biodigestione di Saliceti chiuderà il ciclo dei rifiuti? Secondo il Comitato Sarzana, che botta! NO, secondo ReCos, invece, SI', e non solo: “Chiusura del ciclo dei rifiuti” e “economia circolare” sono, intanto, due concetti diversi e non sovrapponibili, entrambi traguardati dal nostro progetto. La chiusura del ciclo si riferisce ad un sistema integrato, in un determinato ambito territoriale (il codice ambientale lo indirizza al livello regionale), per cui la disponibilità di impianti di trattamento, recupero e smaltimento consente a quel territorio di essere autonomo. La circolarità attiene all’obiettivo per cui un sistema complesso di trattamenti consente di reimmettere in cicli produttivi quello che in origine è un rifiuto”.


L’impianto proposto da ReCos ha l’ambizione di perseguire entrambi gli obiettivi – proseguono i vertici della Società - sostenere che, siccome il processo dell’impianto non ottiene l’obiettivo dello “scarto zero”, allora è fallito in partenza il proposito della circolarità, significa negare (o, quanto meno, ignorare) il secondo principio della termodinamica: i processi naturali sono irreversibili e generano sempre una degradazione (che in questo caso chiamiamo “scarto”) nella loro dinamica evolutiva. Qualcuno direbbe: “non si è visto ancora nessuno che riesce a rimettere il dentifricio nel tubetto”.

Nel documento depositato dal Comitato ampio spazio viene, ovviamente, dedicato ai timori per l'inquinamento, sia dell'acqua che dell'aria.

In merito all'impatto sulle acque ReCos replica: “L’emungimento previsto per le necessità di processo produttivo è pari allo 0,23% delle capacità dell’acquifero; assumendo anche di raccogliere e riutilizzare le acque meteoriche, il fabbisogno cala ulteriormente, a meno della metà; i tre pozzi già esistenti nel sito consentono ampiamente l’autonomia idrica dell’impianto, senza ulteriori incidenze sul sistema acquedottistico pubblico”.

Per quanto concerne, invece, le emissioni in atmosfera, il Comitato ha citato non solo l'inquinamento diretto legato all'impianto, ma anche quello indiretto dovuto al trasporto dei rifiuti, anche dal Tigullio. Tema che il Comitato lega anche a quello della viabilità.
“Dati ufficiali forniti dalla Salt – replica ReCos - ci informano che i veicoli transitati in entrata ed uscita dal casello di Santo Stefano Magra sono stati nel 2018 7.800.000. Senza contare, quindi, quelli in transito sulla A12, nelle direttrici di Genova e Livorno, evidentemente molti di più.
In questo contesto complessivo, che impatta pesantemente sull’area di Saliceti, l’incidenza del traffico indotto dal nuovo impianto è stata calcolata nella misura dello 0,045/0,060% del traffico attuale: semplicemente irrilevante”.

La relazione del Comitato in sede di Inchiesta pubblica si è conclusa con la tematica economica, dei costi di trattamento e dei costi per i cittadini in bolletta. Anche su questo ReCos contesta quanto contenuto nel documento: “L’attuale valore della tariffa di conferimento Forsu nello spezzino è pari a 110 euro per tonnellata di rifiuto. E’ ragionevole attendersi un risparmio tariffario rispetto al valore attuale, in ragione sia dell’economia di scala del progetto sia del particolare recupero di metano da commercializzare”.

“Comunque – sottolineano i vertici ReCos - il tema tariffario non è interessato dalla fase autorizzativa, dal momento che il progetto viene finanziato interamente da provviste private, senza contribuzioni pubbliche”.

Il documento e la relazione del Comitato si erano conclusi qui, ReCos, invece ci introduce un altro tema, fondamentale, quello della sicurezza dei lavoratori e dei residenti nelle aree adiacenti a quelle in cui sorgono impianti di questo tipo: “I dati riportati da fonti scientifiche qualificate (e non da siti divulgativi non controllati) forniscono informazioni statistiche piuttosto articolate, le quali mostrano che su 16.000 impianti mondiali analizzati in 19 anni:
1. gli incidenti con lesioni (personale interno) sono stati equivalenti a 1 persona coinvolta ogni 21.700 anni;
2. gli incidenti mortali (personale interno) sono stati equivalenti a 1 persona coinvolta ogni 76.900 anni;
3. non sono stati registrati danni ed effetti di incidenti FUORI dai siti indagati.

A titolo meramente comparativo (e quindi percettivo, per comprendere la dimensione del rischio), si noti che da dati ISTAT 2017 gli incidenti stradali che provocano lesioni sono stati 1 persona ogni 340 anni: 64 volte superiore rispetto al rischio di lesioni per un operatore che lavora in un impianto.
Ci basta questo? No. L’obiettivo della società è portare la sicurezza dei suoi lavoratori ai massimi livelli possibili”.

A questo punto la Società tiene molto e sottolinea: “Inoltre, la grande maggioranza degli impianti installati sono agricoli, privi delle misure di sicurezza tipiche degli impianti industriali. Ad esempio, infatti, il progetto industriale presentato da ReCos è stato anche assoggettato ad esame di applicabilità della Direttiva Seveso, quella sulla prevenzione e la gestione degli incidenti rilevanti, ed è risultato abbondantemente escluso dal perimetro applicativo di tale norma.
E’ infine particolarmente significativo che i Vigili del Fuoco, primi fra i 32 enti e autorità che siederanno al tavolo della Conferenza dei Servizi per l’autorizzazione all’impianto, abbiano già approvato il progetto, ritenendolo quindi sicuro anche per prevenzione dal rischio incendi”.

ReCos chiosa così: “Il «sito germanico» cui il documento del comitato fa riferimento per parlare di pericolosità degli impianti è in effetti un pregevole sito web per la promozione della cultura contadina nelle Alpi. In esso è riportata la mappa “citata” dal comitato. È una mappa dinamica e se viene zoomata si vede anche l’Italia, con l’effetto «scenografico» (immagine qui sotto), effetto che secondo la logica del comitato dovremmo interpretare con una sostanziale assenza di rischio in Italia. Un’assenza di tutto, per la verità”.

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