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Giorno della Memoria, Sindaco Federici: "Un plauso alla Spezia, città di Exodus"

La Spezia, 28 gennaio - In occasione della ricorrenza del "Giorno della Memoria", si è riunito questa mattina, lunedì 28 gennaio, in seduta straordinaria il Consiglio Comunale della Spezia.

Prima della riunione del Consiglio in Sala Dante, il sindaco e le autorità cittadine hanno deposto la corona al Parco del 2 Giugno presso il monumento in ricordo dei deportati.

 

Di seguito l'intervento del sindaco della Spezia Massimo Federici tenuto nel Consiglio straordinario è stato invitato Vincenzo Cerami che terrà l'orazione ufficiale. I cittadini sono invitati a partecipare.

"Presidente, Consiglieri, Prefetto, Autorità tutte,

Care ragazze e cari ragazzi,

Rappresentanti delle associazioni partigiane, dell'ANED , della Comunità ebraica,

A tutti voi un fraterno saluto e benvenuti a questo Consiglio Comunale straordinario. Un saluto speciale va alle donne agli uomini che con i ,loro fazzoletti a strisce, le amiche e gli amici dell'ANED, dopo oltre sessant'anni continuano caparbiamente a testimoniare la loro esperienza, continuano a lottare perché il ricordo non svanisca. Grazie di cuore. A voi giunga il nostro più affettuoso abbraccio.

Voglio cogliere questa occasione solenne per esprimere un plauso alla nostra città. Spezia, città di Exodus, che anche quest'anno ha dedicato un intenso calendario di iniziative, con il protagonismo dei ragazzi delle nostre scuole, per celebrare degnamente e nelle giusta prospettiva questa Giornata. Non sono tante le città che dedicano questa cura assidua a questi temi. E di questo dobbiamo andare orgogliosi, perché è una conferma che Spezia ha argini civili forti contro il veleno del cinismo e dell'oblio.

Non posso che esprimere preoccupazione per i rigurgiti di antisemitismo che anche in Italia si ripropongono. Preoccupano il riattivarsi di organizzazioni di estrema destra che si rifanno all'ideologia fascista e nazista. Non ci siano ammiccamenti e siano denunciati e respinti i negazionismi o i revisionismi. Anche e soprattutto quando si presentano con il volto del ragionevole luogo comune. Ci deve essere un muro!

Il Giorno della Memoria si celebra, anche nel nostro Paese, da tredici anni. Il 27 gennaio 1945 è il giorno della liberazione di Auschwitz . Il giorno dello sgomento di fronte all'ineffabile. E' la data che ci ricorda l'abisso di orrore in cui è precipitata la storia europea nel Novecento: la Shoà.

Shoà è una parola ebraica che significa "catastrofe". Ha sostituito "olocausto" usato in precedenza per definire lo sterminio nazista, perché richiamando l'idea di sacrificio, dava come un qualche senso a questo evento di morte insensato e incomprensibile.

Oggi ricordiamo quell'abisso, il vertice supremo dell'orrore. L'unico caso nella storia in cui pregiudizi alla base di un'ideologia secolare (l'antisemitismo) portano a progettare lo sterminio di un intero popolo; l'unico caso in cui la civiltà europea (l'occidente liberale, industrializzato, avanzato tecnologicamente) tenta di eliminare un pezzo fondamentale del suo vissuto umano e culturale, l'ebraismo. L'unico caso in cui lo sterminio non sia stato un risultato collaterale (di repressioni, violenze...), ma un fine esplicitamente, e intenzionalmente, scientificamente programmato e voluto.

Ci tengo ogni anno a ribadire, a circoscrivere , per così dire, al suo vero nucleo tematico, la Shoà appunto, il significato di questa Giornata.

Una Giornata su cui, nel tempo, si è riuscito, anche in questo Paese che si divide sempre su tutto, anche sui fondamentali, a trovare una forte condivisione nella società e nelle forze politiche. Sappiamo quanto sia determinante fare i conti con il passato per trovare una memoria condivisa, per essere davvero un Paese, per essere una nazione. E' uno strazio dover veder ancora che c'è chi lavora a demolire questi fondamenti. Dover assistere allo spettacolo di chi gioca sul mettere in discussione le basi d appoggio di una storia, di una civiltà democratica. In nessun paese questo avviene, perché tutti sanno che la forza di un paese è data dal riconoscersi nei suoi fondamentali.

Allora, questa unità che siamo riusciti a trovare intorno a questa Giornata sia un pilastro di questa costruzione di cui , soprattutto oggi, in questa crisi epocale, non possiamo fare a meno. Questo significa anche rigettare il revisionismo, sotto qualsiasi forma si presenti, e affermare che di fronte a certo fenomeni, penso ad esempio alle idee fasciste propugnate dagli aderenti a Casa Pound, non è ammissibile alcuna leggerezza o superficialità. Né è ammissibile accettare che si dica che chi vuole tener viva la memoria di quell'orrore, di quell'abisso, lo fa per opportunistiche e contingenti rendite politiche. L'unità delle forze politiche, di quelle che ogni giorno si confrontano e si scontrano, che si è costruita attorno a questa Giornata, a questo fondamentale è un grande valore per il nostro Paese e la dimostrazione che non è per convenienza politica che si crede nella necessità di ricordare.

Tanto più oggi, dentro questa crisi. Ci vuole responsabilità. Proprio perché sappiamo come le crisi sono il terreno più fertile per la nascita e la rinascita dei mostri. Oggi la crisi è benzina e non si scherza neppure con un fiammifero!

Fin da quando il Giorno della Memoria è stato istituito si è fatto un gran lavoro sulla conoscenza della Shoà, soprattutto nelle scuole, con i ragazzi. E qui alla Spezia, proprio perché città di Exodus, lo abbiamo fatto forse ancora di più, dando a tutto ciò la fisionomia di un vero progetto culturale. Anche nell'ultima edizione del Premio Exodus, a cui abbiamo scelto di dare proprio questa op rispettiva di approfondimento storico, il coinvolgimento delle scuole è stato importantissimo e molto attivo. C'è stata una bella risposta. Perché questo itinerario della memoria che culmina in questa giornata rappresenta per i ragazzi un momento importante – e così è vissuto anche da loro, da voi – di arricchimento spirituale e culturale.

In una società come la nostra che si è assuefatta all'immediatezza, che fa fatica a trovare il tempo per fermarsi a riflettere, il Giorno della Memoria, proprio nel suo ripetersi, nel suo essere – come dicevo – una delle poche ricorrenze del calendario laico che unisce tutti attorno al desiderio di capire, ha e deve mantenere un grande significato.

Desiderio di capire : è questo il senso più vero di un esercizio che non riduce la memoria a uno stanco rituale celebrativo, ma ne fa una forza vitale, viva, che aiuta a interpretare il presente, a vivere il presente con la testa e gli occhi rivolti al futuro.

Memoria non è rivolgere gli occhi ad un passato lontano, a fotografie sempre più sbiadite. Cura della memoria è guardare all'oggi e al futuro. Attraverso la conoscenza. All'ingresso di Auschwitz e di altri campi di sterminio stava scritto "Il lavoro rende liberi". Una scritta aberrante e oscena, perché venne messa lì a sbeffeggiare un'infinità di persone ridotte in schiavitù, private della loro stessa umanità. Ma – come ha detto ieri il presidente dell'ANED di Milano Gianfranco Maris - non è neppure vera in sé. "E' la conoscenza che rende liberi, l'uomo che conosce è un uomo libero, può scegliere la via del male o la via del bene...La conoscenza è il fondamento della libertà dei popoli".

Quindi, care ragazze e cari ragazzi, leggete, studiate, continuate ad ascoltare quelle parole, raccogliete quel testimone. Così sarete veramente una generazione vitale, anche e soprattutto in questi tempi difficili, duri, dai contorni quanto mai incerti.

"Io credo – scriveva Etty Hillesum nel 1942 nelle sue lettere recentemente ripubblicate integralmente – che per ogni evento l'uomo possieda un organo che gli consenta di superarlo. Se noi salveremo i nostri corpi e basta dai campi di prigionia, sarà troppo poco. Non si tratta di conservare questa vita a ogni costo, ma di come la si conserva. A volte penso che ogni situazione, buona o cattiva, possa arricchire l'uomo di nuove prospettive . e se noi abbandoniamo al loro destino i duri fatti che dobbiamo irrevocabilmente affrontare – se non li ospitiamo nelle nostre teste e nei nostri cuori, per farli decantare e divenire fattori di crescita e comprensione - , allora non saremo un generazione vitale. ... se non sapremo offrire al mondo – continua – impoverito del dopoguerra niente altro che i nostri corpi salvati a ogni costo- e non un nuovo senso delle cose attinto dai pozzi più profondi della nostra miseria e disperazione-, allora non basterà.

Dai campi stessi dovranno irraggiarsi nuovi pensieri, nuove conoscenze dovranno portare chiarezza oltre i recinti di filo spinato, e congiungersi con quelle che là fuori ci si deve ora conquistare con altrettanta pena , e in circostanze che diventano difficili. E forse allora, sulla base di una comune e onesta ricerca di chiarezza su questi oscuri avvenimenti, la vita sbandata potrà di nuovo fare un cauto passo avanti".

Le donne e gli uomini con il fazzoletto a strisce che oggi sono qui con noi ( e le tante e i tanti che ci hanno negli anni lasciato) , e con loro i partigiani, le donne e gli uomini che salirono ai monti, fecero la Resistenza, combatterono contro quell'orrore, sono stati e continuano ad essere precisamente in questo senso una generazione vitale. Basta, ancora oggi, guardarli negli occhi, per vedere questa indomita tensione verso il futuro, questa bella speranza che è la lezione più forte e bella che ci continuano a trasmettere".

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