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Goletta Verde 2012: Liguria tra le ultime della classe In evidenza

Sono 120 i campioni risultati fuori legge - uno ogni 62 km di costa - su un totale di 205 analisi microbiologiche effettuate dal laboratorio mobile di Goletta Verde nel mare italiano nell'estate 2012.

Ben 100 i prelievi risultati fortemente inquinati, cioè con concentrazioni di batteri di origine fecale pari ad almeno il doppio dei limiti di legge. L'86% dei punti inquinati sono stati prelevati alle foci di fiumi, torrenti e canali, risultati i nemici numero uno del mare italiano, ma anche nei pressi di scarichi di depuratori malfunzionanti. Ancora una volta sul podio del mare più inquinato troviamo la Calabria e la Campania, rispettivamente con 19 e 14 punti inquinati, mentre a sorpresa si piazza al secondo posto di questa poco onorabile classifica la Liguria con 15 prelievi risultati oltre i limiti di legge. Sardegna e Toscana si confermano anche quest'anno le regioni col mare più pulito, rispettivamente con un campione inquinato ogni 433 e 200 km di costa. Sono questi in sintesi i risultati del bilancio finale dell'edizione 2012 di Goletta Verde, la storica campagna di Legambiente che per due mesi ha circumnavigato lo Stivale, monitorando lo stato di salute del mare italiano, realizzata anche grazie al contributo del COOU, Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati, e con la partecipazione di Corepla, Novamont e Nau!.

Sul banco degli imputati la mancata o inadeguata depurazione dei reflui fognari che, stando alle elaborazioni di Legambiente su dati Istat, riguarda ancora 24 milioni di abitanti, che scaricano direttamente in mare o indirettamente attraverso fiumi e canali utilizzati come vere e proprie fognature. Le regioni peggiori per numero di abitanti senza adeguata depurazione sono Sicilia, Lazio e Lombardia. Un problema ambientale e sanitario che sta per diventare anche economico vista la condanna dell'Italia da parte della Corte di giustizia europea arrivata a fine luglio perché 109 agglomerati urbani medio grandi, distribuiti in 8 regioni, non si sono ancora adeguati alla direttiva europea sul trattamento delle acque reflue.

"Il mare italiano continua ad essere minacciato da troppi scarichi fognari non depurati- dichiara Stefano Ciafani, vicepresidente nazionale di Legambiente -, nonostante siano trascorsi ben 36 anni dall'approvazione della prima legge sulla trattamento delle acque reflue. Alla mancanza cronica di impianti di depurazione, soprattutto da parte dei comuni dell'entroterra, si aggiunge anche il carico inquinante dei reflui che non sono adeguatamente trattati dagli impianti in attività: si tratta di una situazione davvero imbarazzante che va sanata una volta per tutte. Alla denuncia di Goletta Verde si affianca ora la sentenza di condanna europea che rischia di far pagare ai cittadini italiani multe milionarie con soldi che invece potrebbero essere investiti per aprire nuovi cantieri per la depurazione. Bisogna investire subito e al meglio risorse adeguate, a partire da quelle stanziate dalla delibera CIPE dell'aprile scorso che prevede 1,8 miliardi di euro per le regioni del Mezzogiorno. Realizzare sistemi efficienti e moderni per la raccolta e il trattamento degli scarichi civili - conclude Ciafani - è una priorità non solo per la tutela del mare e della salute dei cittadini e dei bagnanti, ma anche per l'economia nazionale. Si eviterebbero le imminenti sanzioni comunitarie e si rifarebbe partire l'economia grazie ad opere pubbliche davvero utili alla collettività".

Anche quest'anno, come ogni estate, il laboratorio di Goletta Verde è andato alla ricerca in mare di Escherichia coli ed Enterococchi intestinali, eseguendo le analisi delle acque secondo quanto previsto dalla normativa sulla balneazione (decreto legislativo 116/2008 e decreto ministeriale del 30 marzo 2010). Senza volersi sostituire al lavoro delle autorità preposte ai controlli sulla balneabilità del mare, Legambiente lancia l'allarme sulla qualità delle acque con risultati che vengono messi a disposizione di enti locali e agenzie preposte ai controlli per andare alla ricerca della causa della contaminazione. Emerge un generalizzato problema di inquinamento marino di origine fecale causato dalle carenze depurative dei comuni, che accomuna diverse regioni, da Sud a Nord.

Bollino rosso per Calabria, Liguria e Campania nella classifica per numero di punti inquinati secondo le analisi di Goletta Verde. Come lo scorso anno si conferma al primo posto la Calabria, con 19 punti inquinati (uno ogni 38 km di costa) su un totale di 24 campioni prelevati. Al terzo posto si piazza la Campania con 14 prelievi fuori norma su 20 in totale (uno ogni 34 chilometri di costa). La regione campana quest'anno cede il secondo posto alla Liguria che, invece, guadagna in negativo ben 3 posizioni rispetto allo scorso anno, con una performance davvero pessima: 15 punti inquinati su un totale di 18, con una media di un campione inquinato ogni 23 km di litorale. Quest'anno nei primi tre posti troviamo anche una regione settentrionale che, tra l'altro, ospita l'unico capoluogo di provincia italiano, Imperia, a non avere ancora un depuratore, come più volte denunciato da Legambiente. Il Lazio conferma la quarta posizione dello scorso anno con 13 punti inquinati su 15, uno ogni 28 km di costa.

Le migliori performance sono risultate invece quelle di Sardegna e Toscana, seguite dall'Emilia Romagna: l'isola sarda, con 1 solo punto critico ogni 433 km di costa, precede in questa classifica la Toscana, che invece ne conta 1 ogni 200 km, e l'Emilia Romagna, dove i biologi di Goletta Verde hanno registrato solo 1 valore fuori norma in tutta la costa, anche grazie alla "complicità" dei fiumi in secca che non hanno consentito di poter approfondire l'apporto solito di inquinamento batteriologico proveniente dai comuni dell'entroterra attraverso i corsi d'acqua. Anche il Veneto è risultato in buona salute con un solo campione risultato fortemente inquinato, prelevato alla foce di un fiume, in tutti i suoi 159 km di costa.

Anche quest'anno si segnala una vera a propria emergenza foci. Uno degli obiettivi di Goletta Verde era quello di verificare quale fosse l'apporto inquinante dei comuni dell'entroterra i cui reflui non depurati vengono trasportati in mare dai corsi d'acqua: dei 120 campioni risultati off limits, ben 103 - pari all'86% del totale – sono stati prelevati alle foci di fiumi, torrenti e canali. Ha contribuito in alcuni casi anche lo sbocco a mare di fossi interessati dallo scarico di depuratori attivi ma evidentemente mal funzionanti.

Il monitoraggio di Goletta Verde è confermato dai dati Istat aggiornati a novembre 2009 che dipingono un Paese dove oltre 24 milioni di abitanti equivalenti (considerando anche la popolazione non residente, i pendolari, i turisti e l'inquinamento organico prodotto dalla micro industria) non sono serviti da un sistema di depurazione efficiente. Si tratta del 24% della popolazione equivalente del nostro Paese i cui reflui o non sono trattati oppure vengono depurati in modo non adeguato, cioè senza il trattamento secondario e terziario (sistemi aggiuntivi che consentono una depurazione completa degli scarichi fognari rispetto alla sola grigliatura iniziale e alla sedimentazione primaria).

L'elaborazione di Legambiente sui dati Istat ci fornisce il quadro di un Paese dove anche le regioni del Nord contribuiscono con un forte inquinamento da depurazione mancata. Prima regione per numero di cittadini non serviti da depurazione adeguata è la Sicilia (con quasi 4 milioni e mezzo di abitanti), seguita dal Lazio (dove invece sfuggono i reflui fognari di più di 3 milioni di persone) e dalla ricca Lombardia (con quasi 3 milioni di cittadini).

Le gravi carenze nella depurazione delle acque reflue, rilevate da Goletta Verde e confermate da Istat, non sono passate inosservate all'Europa: è arrivata infatti a fine luglio la sentenza della Corte di Giustizia europea che ha condannato l'Italia perché 109 tra comuni e agglomerati urbani con almeno 15.000 abitanti equivalenti non si sono adeguati alla direttiva 91/271/CE sul trattamento dei reflui fognari (di questi 49 non hanno neanche la rete fognaria).

Sono proprio Sicilia e Calabria a ospitare il maggior numero di comuni fuori legge: sono 59 i comuni siciliani (pari al 54% del totale dei comuni oggetto nella sentenza) mentre sono 18 quelli calabresi (pari al 17% del totale). A seguire la Campania (con 10 comuni) e la Liguria (9).

La sentenza arriva nell'ambito della procedura d'infrazione 2004/2034 che colpisce duramente il nostro Paese perché a otto anni dalle scadenze della direttiva ci sono ancora comuni che non hanno fognature per le acque reflue urbane, altri che hanno un trattamento depurativo non conforme e altri perché gli impianti non sono progettati in modo da garantire prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche locali o nelle variazioni stagionali di carico antropico come nella stagione turistica.

Quest'anno il monitoraggio scientifico di Goletta Verde è stato condotto anche grazie alle numerose segnalazioni arrivate da cittadini e bagnanti grazie al servizio SOS Goletta, che hanno contribuito per circa il 50% dei campionamenti effettuati in tutta Italia. Sono state sempre numerose le richieste di informazioni da parte di cittadini in cerca di una meta per le vacanze ma anche di bagnanti preoccupati per la qualità del mare, non sapendo esattamente come venire a conoscenza della qualità delle acque delle varie località.

"La difficoltà di barcamenarsi tra le varie fonti che dovrebbero dare informazioni sulla qualità delle acque di balneazione disorienta i cittadini italiani - dichiara Serena Carpentieri, responsabile di Goletta Verde -. Il sito del Ministero della Salute con il suo Portale Acque, nato proprio per la divulgazione tempestiva delle informazioni sulle acque di balneazione, non sembra essere di grande aiuto ai bagnanti. Se da una parte condividiamo l'idea di uno strumento informatico che possa mettere in rete il lavoro di ARPA, Regioni e Comuni, dall'altra c'è ancora molto da fare sul fronte della tempestività delle informazioni: diversi punti da noi campionati e indicati dal Portale Acque come idonei alla balneazione presentavano evidenti cartelli di divieto alla balneazione per motivi di inquinamento. Non possiamo poi non denunciare come diversi Comuni non rispettino la normativa visto che non espongono correttamente i divieti di balneazione. Ci auguriamo - conclude Carpentieri – che il Ministero della Salute e i Comuni possano avviare una nuova stagione di corretta informazione sulla balneazione per i cittadini e i turisti, stimolando anche la partecipazione alla segnalazione di punti critici, non solo perché questi sono elementi indicati come punti di forza della direttiva europea, ma perché rappresentano il primo passo per tutelare la salute dei bagnanti".

Ecco alcuni casi dove al passaggio dei tecnici di Goletta Verde risultava esposto il cartello di divieto di balneazione, mentre lo stesso non risultava sul Portale Acque che, ricordiamo, raccoglie le informazioni delle analisi delle ARPA, sulla base delle quali i Comuni stessi sono invitati a intervenire per l'apposizione dei dovuti divieti. A Massa in località Marina di Ronchi nei pressi della Foce del canale all'incrocio con via Repubblica e lungomare di Levante erano presenti diversi cartelli di divieto di balneazione, eppure secondo il Portale Acque ci troviamo in un punto di balneazione. Stessa situazione, con l'aggravante della presenza di numerosi bambini che ignari giocavano e si bagnavano in acque poco salubri, anche a Pomezia (Rm), in località Ardea, nelle vicinanze del Canale sulla spiaggia di Rio Torto. A Palermo nei pressi della spiaggia accanto al porticciolo della Bandita nonostante il cartello di divieto, il Portale Acque comunica il nulla osta per la balneazione. In Puglia a Marina di Pulsano (Ta) erano esposti diversi cartelli di divieto nei pressi dello sbocco del depuratore ma nessuna notizia di interdizione alla balneazione sul Portale Acque.

Quest'anno il COOU, Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati, è stato Main Partner della storica campagna estiva di Legambiente. "La difesa dell'ambiente, e del mare in particolare, rappresenta uno dei capisaldi della nostra azione - spiega Antonio Mastrostefano, direttore Strategie, Comunicazione e Sistemi del COOU -. L'olio usato è ciò che si recupera alla fine del ciclo di vita dei lubrificanti nei macchinari industriali, ma anche nelle automobili, nelle barche e nei mezzi agricoli di ciascun cittadino. Se eliminato in modo scorretto, questo rifiuto pericoloso può danneggiare l'ambiente in modo gravissimo: 4 chili di olio usato, il cambio di un'auto, se versati in mare inquinano una superficie grande come un campo di calcio. A contatto con l'acqua, l'olio lubrificante usato crea una patina sottile che impedisce alla flora e alla fauna sottostante di respirare. Con la nostra attività di comunicazione - conclude Mastrostefano - cerchiamo di modificare i comportamenti scorretti di chi crede che piccole quantità di olio lubrificante disperse nell'ambiente provochino poco inquinamento".

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