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Arsenale, quando Spezia “rischiò” di diventare capitale d’Italia In evidenza

Sono in corso alla Spezia numerose iniziative culturali e sociali per ricordare i 150 anni dell’Arsenale militare, inaugurato nel 1869.

Mercoledì mattina il vescovo benedirà un monumento commemorativo, mentre a seguire ci saranno due giornate di studio e quindi, sabato e domenica, l’apertura della base navale al pubblico per le “giornate d’autunno” del Fai, Fondo ambiente Italia.

L’inaugurazione, voluta dal direttore dei lavori generale Domenico Chiodo prima ancora che fossero terminati, c’era stata il 28 agosto 1869. Il nuovo impianto venne benedetto da don Domenico Battolla, abate parroco di Santa Maria Assunta, allora unica parrocchia della città. In effetti, l’Arsenale militare e la base navale, immaginati già da Napoleone Bonaparte e poi realizzati da Cavour a partire dal 1857, hanno modificato nel profondo la storia della città e la sua stessa natura.

Non a caso Spezia, in pochi decenni, vide decuplicare i propri abitanti, diventando una delle città più importanti del neonato Regno d’Italia. Tanto che, proprio per quella decisione di Cavour, allora primo ministro del Regno di Sardegna, per qualche tempo se ne parlò persino come possibile capitale d’Italia.

E’ una vicenda poco conosciuta, ma documentata. Se infatti già nel 1848 Vincenzo Gioberti, e l’anno dopo l’intendente Simone Rocca Ceresola parlavano di Spezia come futura “capitale marittima d’Italia”, nel 1864 una lettera a Vittorio Emanuele II arrivò a togliere l’aggettivo “marittima”. Come è noto, in attesa che anche Roma – già designata come capitale definitiva – potesse rientrare nei confini del Regno, era stato deciso lo spostamento della corte e del governo in una città diversa da Torino. Alla fine venne scelta Firenze, ma per diversi mesi la discussione rimase aperta.

Così, l’ingegnere e architetto Luigi Nascimbene nella lettera al re, poi ampliata nel libello “L’Italia”, scriveva tra l’altro: “La Capitale d’Italia dovrebbe essere collocata in un porto di mare e sorgere nuova dalle fondamenta, da cui il commercio, le industrie e tutti gli interessi nazionali riporterebbero immenso vantaggio”.

Il porto, secondo Nascimbene, avrebbe dovuto contenere “ad un tempo il naviglio mercantile e quello da guerra”, di fatto cioè quello che stava accadendo a Spezia, dove già erano iniziati i lavori per l’Arsenale.

“Ora già tutti – scriveva l’autore – sanno che qui intendo dire del magnifico golfo della Spezia, il più spazioso e a un tempo il più sicuro porto d’Europa ... centro per tutti i punti dell’interno d’Italia e delle sue grandi isole”.

Per poi chiedere al re: “Voi, che avete fatto il nuovo Regno, o Sire, ivi innalzate le mura della nuova Capitale e la Storia pronuncerà chi di Voi o Pietro il Grande sia stato il più grande”. Certo, c’era forse un po’ di retorica e le cose andarono in modo diverso, ma nel 1872 un illustre spezzino,

Agostino Falconi, osservò al riguardo, non senza qualche ragione, che “la proposta del Nascimbene è tuttavia degna di rilievo per dimostrare come, fino da quegli anni lontani, l’importanza strategica della Spezia era sentita e molti guardassero a lei come il rifugio più sicuro, sia come porto militare che come centro d’affari per tutta la nazione”.

Egidio Banti

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