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Crocifissi in tribunale, UAAR contro PD In evidenza

Intervento di Cesare Bisleri, coordinatore UAAR La Spezia - È in risposta alla curiosa e singolare mozione presentata in Comune dal consigliere Enrico Conti (PD), in merito alla richiesta addirittura "urgente" di ricollocare i crocifissi nelle aule del palazzo di giustizia del Tribunale della Spezia (qui), che in rappresentanza del circolo Uaar della Spezia ritengo doverose alcune brevi riflessioni sull' inopportunità di tale infelice iniziativa, peraltro orgogliosamente divulgata tramite i mezzi stampa.


Tolti i riferimenti agli articoli di legge che riguardano l'intervento/partecipazione dei comuni nell'ambito di alcune spese di manutenzione, disponibilità e fruibilità degli ambienti degli uffici Giudiziari, il consigliere Enrico Conti, che con questa mozione sembra volersi fare paladino di una "pseudo restaurazione" di tempi ormai fortunatamente passati, richiama in causa nientemeno che una circolare del Ministro Rocco del maggio 1926, forse uno dei pochi baluardi superstiti di norme, leggi , regolamenti, ormai obsoleti non più utilizzati e, tantomeno, orgogliosamente invocati.
Tale circolare impone(va) la collocazione dei crocifissi nelle aule di tribunale con una sorta di precetto che oggi non sarebbe più ammissibile, forse nemmeno dai più disattenti e indifferenti cittadini che non potrebbero non rilevare come il testo sia incombente e, oserei dire, anche inquietante:
"«Prescrivo che nelle aule di udienza, sopra il banco dei giudici e accanto all'effige di Sua Maestà il Re sia restituito il Crocefisso, secondo la nostra antica tradizione.
Il simbolo venerato sia solenne ammonimento di verità e di giustizia...".
Premesso che non vivendo più in epoca di "santa inquisizione", truce periodo in cui potere politico e sistema giudiziario si fondevano inevitabilmente nelle mani del potere religioso che, appunto, imponeva il simbolo venerato come solenne ammonimento, pur riconoscendo, rispetto a tale periodo, una certa modernità alla famigerata circolare del 1926", sembrerebbe il caso di non sottovalutare che tale precetto scaturiva nell'ambito di un'epoca ugualmente oscura, figlio di disposizioni/imposizioni emanate con regi decreti in piena era fascista .
Purtroppo, è alla sopravvivenza di tali baluardi legislativi che dobbiamo, ancora oggi, la presenza imposta e subita del crocifisso cattolico nelle scuole, nelle aule di tribunale, negli ospedali, presenza che ha trovato una base giuridica che le successive novità legislative non hanno scalfito, nonostante la Costituzione del 1948 statuisca l'eguaglianza delle religioni di fronte alla legge e nonostante diverse sentenze della Corte Costituzionale riaffermanti la laicità dello Stato e la supremazia dei principî costituzionali su altre norme e leggi.
Preso atto, quindi, che tali norme obsolete, albergano ancora come zone d'ombra negli ordinamenti moderni, ciò che oggi appare stridente rispetto alla realtà ed al progresso sociale, è il fatto che alcuni rappresentanti delle istituzioni vadano a riesumare questi cadaveri legislativi utilizzandoli come cavilli burocratici per imporre un simbolo religioso laddove, per una scelta di maturità e buon senso era ormai da qualche tempo stato rimosso.

In uno Stato laico, nella piena attuazione di una costituzione che non prevede religioni di Stato, la presenza di simboli costituisce un'inammissibile privilegio per la religione cattolica. Essendo chiaramente assurdo concepire la presenza dei simboli di tutte le religioni (visto il loro gran numero), l'unica strada da percorrere è la rimozione dei crocifissi dagli edificî pubblici. La presenza nei tribunali è poi ancora più inconcepibile, in quanto abbinata al motto La legge è uguale per tutti: come può sentirsi giudicato serenamente un cittadino di altro credo o anche un ateo o un agnostico, in un'aula in cui una sola religione (e di conseguenza i suoi fedeli) sono considerati più "uguali" degli altri?
Un invito al Consigliere Enrico Conti, lo rivolgiamo di cuore: non vada a riesumare questi cadaveri legislativi obsoleti e inutili di cui i codici e i libri di regolamenti italiani sono ancora intrisi, ma prenda esempio dalla stessa Chiesa che, per citare un caso, proprio per buon senso, adeguamento ad una realtà sociale mutata ed anche per maturazione morale, ha ritenuto per decenni concretamente inapplicabile la pena di morte, nonostante, ancora nel recente 1929, fosse stata inserita nel testo della Legge fondamentale dello Stato del Vaticano, da cui solo il 22 febbraio 2001 è stata eliminata definitivamente.
Infine, stante anche le numerose recenti aperture del Comune della Spezia verso delicati argomenti etici che riguardano i fondamentali diritti civili, ci permettiamo di suggerire al Consigliere PD di farsi piuttosto promotore di battaglie a favore della laicità dello Stato e delle istituzioni, magari proponendo l'affissione, in tribunali, scuole e ospedali, di un simbolo neutro e che possa fare da collante e comun denominatore a tutta la popolazione di questa nostra Italia, come, ad esempio, lo stemma della nostra Repubblica, indubbiamente condivisibile da tutti i cittadini, anche stranieri, credenti, non credenti o diversamente credenti, che dimorano, vivono, lavorano condividendo diritti e doveri di un unico Stato. 

 

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