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Sarzana, UAAR contro Don Cortese: "Sui parcheggi difende un diritto di prepotenza dei fedeli" In evidenza

Intervento di Cesare Bisleri, referente UAAR La Spezia - In questi giorni assistiamo all'ennesimo "allargamento del gomiti a tavola" nel nome della fede: l'intervento pubblico del parroco di Sarzana che, vedendo calare i propri fedeli perché sanzionati dalla polizia municipale, a causa delle loro soste selvagge nei pressi della Chiesa negli orari della messa domenicale, lancia un appello pubblico dall'altare, durante la messa.

Anziché esortare le proprie pecorelle a non smarrire la via e a rispettare il codice della strada ed il prossimo, ovvero tutti quei cittadini, magari anche diversamente credenti, che subiscono il disagio della prepotenza, don Renzo Cortesi, dal suo usuale pulpito, chiede pubblicamente agli agenti della polizia municipale che chiudano un occhio, quindi che facciano un'omissione (per un pubblico ufficiale è reato) , per tutelare un "diritto di prepotenza" , esercitato da molti parrocchiani in nome della fede. È fin troppo intuibile che, anche in questo caso, i più fervidi sostenitori dei fedeli indisciplinati riuscirebbero abilmente a NON vedere la trave nel proprio occhio sventolando la solita bandiera della tradizione, salvo poi cercare e trovare la pagliuzza nell'occhio altrui, pur di negare diritti che non rientrano nella propria "limitata" sfera di tolleranza. Eppure, non viviamo in un Paese in cui vige la più totale intransigenza ed inflessibilità. Spesso possiamo osservare come in occasione di grosse manifestazioni tipo feste patronali, partite, concerti, sagre ecc. le stesse istituzioni cerchino di arginare i problemi di congestionamento del traffico e della mancanza di parcheggi, attraverso apposite ordinanze in deroga ai divieti ordinari ed anche con un po' di tolleranza delle forze dell'ordine laddove, beninteso, la sosta vietata non causi intralcio o pericolo alla circolazione. È evidente, però, che il caso in esame non rientra in una di queste circostanze. La messa domenicale non riveste carattere di eccezionalità e pertanto, l'essere semplici utenti di una chiesa non deve diventare un privilegio discriminante, con il quale solo un gruppo d'elite possa avere l'agio di violare norme e regolamenti, anche a discapito della sicurezza pubblica.

Difficile pensare che il comune o la polizia municipale abbia intrapreso una linea a "tolleranza zero" , più plausibile ritenere che se gli agenti di pattuglia sono intervenuti più volte sanzionando gli indisciplinati, lo si debba al fatto che, un pezzetto alla volta, dal dito ci si sia presi tutto il braccio.
Non ci vuole davvero molto a prendere atto della situazione di via Cisa, ben descritta nell'articolo, dove ogni settimana i residenti e gli altri utenti della strada sono costretti ad una sorta di percorso di guerra, in una carreggiata a doppio senso di circolazione che viene sistematicamente ridotta ad un vicolo dalle auto in sosta selvaggia, sosta che toglie anche i minimi spazi usufruibili da pedoni e biciclette e inibisce la visibilità a chi, dalla laterale, si immette nella via.
Una situazione chiaramente insostenibile dal punto di vista della sicurezza ma che sembra suscitare gli animi solo per la criticata "solerzia" dei vigili.
Insomma, l'ingerenza della Chiesa nelle varie articolazioni della vita sociale del nostro Paese: politica, sanità, scuola, ambito fiscale, applicazione delle leggi, ecc., pare trovare sempre giustificazioni in una necessità di fede che immancabilmente prevarica i diritti del prossimo, ovvero di coloro che, malauguratamente, si trovino ad essere semplici cittadini, magari diversamente credenti, di uno Stato ormai solo apparentemente laico.
Si potrebbe anche provare ad allargare il proprio orizzonte di vedute, cercando di capire il disagio creato e porvi rimedio con altre soluzioni, anziché pretendere da chi sta facendo solo il proprio dovere un atto non previsto, una "clemenza straordinaria" , oltre la legge, chiedendo quindi a quegli stessi operatori di assumersi anche la grave responsabilità che potrebbe derivare dalla loro eventuale omissione.
Sarebbe curioso sapere se don Cortesi, prima di formulare questo appello, abbia già pensato a chi chiedere l'intercessione nell'ipotesi di un malaugurato incidente, nel caso fosse causato proprio dal connubio di maleducazione e prepotenza dei fedeli, supportata da un'istigata ed inopportuna mancanza da parte della polizia municipale.
Auspichiamo quindi che all'appello "maldestro" del parroco segua una seria presa di coscienza del reale problema, innanzitutto da parte dei fedeli, che porti la ricerca della soluzione su altre proposte, stavolta sensate.

 

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